Obama all’attacco in Siria (e contro la Russia?)

Iraq e Siria, Siria e Iraq: sono due nazioni, il fulcro del discorso che Barack Obama ha fatto al popolo americano per annunciare il pronto, imminente attacco degli Stati Uniti al terrorismo orientale.

«Chi minaccia l’America non avrà modo, né luogo per stare tranquillo» è la frase con cui il Presidente ha gelato i tagliagola dello Stato Islamico e ha allertato il mondo su quella che sarà presto la nuova guerra al terrore su scala globale.

Era annunciato, tuttavia. Da tempo circolavano infatti i rumors sulla voglia – e insieme, per taluni necessità – di intervenire attivamente laddove le persecuzioni di cristiani e yazidi hanno raggiunto vertici impressionanti e livelli intollerabili. Quelle terre in cui è ormai la crudeltà del califfato a farla da padrone, con 100mila persone costrette a fuggire e ripetuti allarmi di crimini contro l’umanità a fare quotidianamente da sfondo ai terribili video provenienti da Siria e Iraq.
Niente di sorprendente quindi, se la sera del 10 settembre americana – mentre in Italia era notte – Obama si sia presentato di gran lena davanti alla nazione e abbia annunciato la preparazione degli Stati Uniti all’intervento. «L’America si metterà alla guida di una vasta coalizione internazionale per una campagna senza sosta per trovare e distruggere la minaccia terrorista dell’IS»: queste le solenni parole che chissà, un domani, potremmo persino ritrovarci in qualche libro di storia.

Chiarimenti d’obbligo, però, sulla discesa in campo in Siria: «non ci possiamo fidare del regime siriano di al-Assad che terrorizza il suo popolo»; gli Stati Uniti infatti combatteranno al fianco dell’opposizione siriana, non prestando – a parole, almeno – il fianco a quel dittatore che solo pochi mesi fa era inquadrato come minaccia globale.
Obama ci ha tenuto però a “rassicurare” i praticanti islamici moderati, chiarendo che «l’Is non è l’Islam ma un’organizzazione terroristica vera e propria – che, se non combattuta – può diventare una minaccia anche per gli USA». «Nessuna religione giustifica le barbarie e l’uccisione di innocenti».
E così se Obama si mette a capo del pianeta, «è l’America che ha unito il mondo contro l’aggressione russa e in sostegno del popolo ucraino», pronta è la risposta russa che vede nell’attacco alla Siria (di cui è buona alleata) senza il via libera dell’Onu un «atto di aggressione» nonché una «palese violazione del diritto internazionale».
Il clima da guerra fredda Russia-Usa, così, rischia di spostarsi ancora più a Est. L’intreccio vorticoso della situazione porta a porsi una sola, ennesima domanda: cosa faranno gli alleati europei?

 

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