What If: Roma e un ipotetico 11 settembre
L’11 settembre di tredici anni fa segnò la storia sconvolgendo l’opinione pubblica mondiale, mostrando quanto si può essere vulnerabili davanti ad un evento tragico, distruttivo ed inaspettato. Abbiamo visto in diretta televisiva il panico, la confusione, i disperati tentativi di evacuazione delle Torri Gemelle, ed infine il crollo a 15 minuti di distanza l’una dall’altra, con quasi tremila persone, tra cittadini e soccorritori, intrappolate dentro.
Ma nonostante tutto New York ha saputo reagire, con dolore e fatica, con la consapevolezza che da quel giorno niente sarebbe stato più lo stesso, e come la Fenice è risorta dalle sue ceneri guardando al futuro. Sarebbe stato lo stesso se al posto della Grande Mela ci fosse stata la Città dei Papi?
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L’ipotesi è meno campata in aria di quanto si pensi: in una recente informativa alle Camere del ministro dell’Interno Angelino Alfano, si è parlato proprio del pericolo del terrorismo internazionale di matrice religiosa: l’Italia e Roma, simbolo della cristianità, sarebbero dei possibili obiettivi dell’Isis. Non ci sono, al momento, e per fortuna, indicazioni specifiche di progetti di attentati, ma c’è comunque massima vigilanza, o almeno così ci dicono. L’Isis avrebbe messo nel mirino l’Italia, così come è stato indicato in un recente discorso di un leader, in cui si vagheggia la “conquista di Roma“. L’ipotesi è alquanto inquietante, soprattutto per il fatto che, come è evidente da ciò che accade ogni giorno, Roma non è una città in grado di far fronte a nessun tipo di emergenza, figuriamoci ad un attacco terroristico.
Se mezz’ora di pioggia battente ha il potere di bloccare completamente una città, allagare le stazioni delle metropolitane e generare un caos da Apocalisse, che ne sarebbe dei poveri romani se un ipotetico prossimo 11 settembre decidesse di svolgersi proprio nella Capitale? Quel che è certo è che, a differenza della Grande Mela, ciò che qui cadrebbe non potrebbe essere più ricostruito. A meno che qualche mecenate decida di pagare di tasca propria la ricostruzione di questo o quel monumento, i romani se ne andrebbero in giro tra le macerie, un po’ come accadeva nel 500, quando i ruderi delle antiche costruzioni romane erano in ogni angolo della città, ispirando artisti e meravigliando viaggiatori. Nel nostro caso l’ispirazione frutterebbe imprecazioni e parolacce, forse in rima, ma pur sempre qualcosa di molto lontano dall’arte.
In una città multietnica quale è Roma, il pregiudizio, il sospetto, la paura del diverso, già presente e radicata nei cittadini, potrebbe assumere proporzioni bibliche. Non è inconsueto fuggire la compagnia di coloro che sono diversi, esistono centinaia di studi psicologici in materia, ciò o chi non conosciamo viene sistematicamente visto con sospetto: è la paura dell’ignoto. E cosa può essere più ignoto della moltitudine di extracomunitari che si aggirano nella Città Eterna aumentando il loro numero di anno in anno? Sarebbero loro i primi a pagare dopo una catastrofe simile, a loro si darebbe la caccia e la colpa di tutto. Attualmente siamo noi ad evitarli sui mezzi pubblici, al bar, per strada, ma in un ipotetico futuro potrebbero essere loro a scappare inseguiti da bande di cittadini, magari armati che, dopo aver gridato secoli or sono “Dagli all’untore“, cambierebbero l’incitazione con “Dagli al terrorista“!
Alla faccia della dignità che gli americani hanno tirato fuori il giorno dopo l’attentato, Roma sprofonderebbe nel caos più totale, tornerebbe indietro al Medioevo, il pesce grande mangerebbe il piccolo, e di pesci piccoli, così come è pieno il mare, ce ne sono in quantità anche nella Città dei Papi.
E quel caos che vediamo spesso e volentieri al cinema in quei film che evocano apocalissi da fine del mondo diventerebbe una triste realtà: assalti alle banche ed agli uffici postali, negozi depredati e chi più ne ha più ne metta. Roma è già una città fuori controllo, accoltellamenti, aggressioni, scippi e vandalismo sono all’ordine del giorno, come si potrebbe gestire una catastrofe del genere se già l’ordinario è ingestibile? Le istituzioni e chi di dovere riuscirebbero a togliersi le fette di prosciutto dagli occhi e prendere in mano le redini della situazione? Ci auguriamo di non doverlo mai scoprire, di non provare mai sulla nostra pelle un 11 settembre, di non arrivare a vedere crollare la cupola di San Pietro o il nostro simbolo per eccellenza, il Colosseo (anche perché nessuno lo rimetterebbe in piedi, Tod’s ha già dato!).
E nel frattempo, sperando di vedere risolte tutte quelle brutte situazioni che ogni giorno, o quasi, generano a Roma una piccola Apocalisse, cerchiamo di tenere bene a mente che le tragedie, quelle grandi, non si vedono solo nei film, purtroppo possono accadere anche nella realtà, e quando succede il mondo cambia per sempre smettendo di essere quel posto sicuro che erroneamente credevamo che fosse. Questo, principalmente, è l’insegnamento e l’eredità che ci ha lasciato l’11 settembre del 2001.
Twitter @Claudia78P