Serena e Djokovic non si fermano

Era difficile pensare che Flavia Pennetta potesse battere la regina del tennis nel suo regno, ma è pur vero che nello sport l’imprevedibilità è un fattore determinante. Questa volta non ci sono stati colpi di scena e Serena è stata davvero troppo brava. Il merito della brindisina è quello di aver disputato un gran torneo, una bella gara e poco importa se si è arresa di fronte a una che ogni giorno fa la storia del tennis femminile.

L’illusione, Flavia, l’aveva anche alimentata scappando subito 3-0 al primo set. Tatticamente aveva approcciato bene: qualche Ace, un’ottima mobilità e traiettorie atte a spostare l’avversaria, ma è risaputo che appena si abbassa l’attenzione la potenza dell’americana e la violenza dei suoi colpi annichiliscono chiunque sia posizionato oltre la rete. Il secondo set il cambio di passo della trentaduenne, numero 1 della classifica Wta, ha steso definitivamente l’azzurra. Finisce 6-3, 6-2.  Stessa sorte per Sara Errani che aveva abbandonato ai quarti New York per colpa di una ritrovata Caroline Wozniacki. Il 6-3 6-2 in 64 minuti è stato fulminante. La romagnola aveva dato prova di grande tempra fino ad allora, aveva battuto in una gara bellissima la sorellona Williams, ma è capitolata al cospetto del gioco in qualche modo ‘familiare’ della svedese. In parte si somigliano nessuna delle due gioca all’attacco entrambe attendono l’errore altrui, semplicemente la Wozniacki l’ha fatto meglio. Se i maligni dicono che la rabbia di Caroline in campo è dovuta alle sue sofferenze amorose causate da Rory McIlroy, la situazione diventa complicata per le competirors. L’ultima finale agli Open Caroline la giocò nel 2009 e pochi mesi dopo sorpassò in classifica l’amica Serena Williams che sarebbe stata la testimone al matrimonio programmato proprio a New York col noto golfista. Prima di affrontare l’amica sul campo, per la danese sulla strada c’è una rivelazione del torneo, la cinese Shue Peng che senza troppo sofferenze si è liberata di avversarie di calibro. Una bella rivincita anche questa perché la cinese a cui era stato suggerito dai medici in età giovanile di smettere di giocare per sottoporsi a un intervento al cuore, sta smentendo le certezze cliniche con una storia che nello sport ogni tanto ritorna. {ads1}Veniamo al match più atteso della notte italiana e della giornata americana finito 7-6, 6-7, 6-2, 6-4 che ha messo di fronte due pezzi da novanta: Novak Djokovic e Andy Murray. Condizioni atletiche portate al limite. La bella sorpresa è stata Andy che per due set e mezzo ha messo in campo solo qualità. Si sono fronteggiati a colpi di martello! Una violenza accompagnata da una finezza di braccio notevole. Ovviamente si tratta di quel tennis che non è la danza del cigno che ci si aspetta nel vedere una qualsiasi esibizione di Roger Federer, ma è scontro fra due giganti figli del nuovo stile tennis. Già la battuta è una pratica da studiare, entrambe efficaci, entrambi partono col piede sinistro avanti, anche nella ricezione del servizio i due usano una tecnica simile, aspettano arretratissimi rispetto alla linea di fondo, con lo scozzese che a volte esaspera esageratamente indietro il punto d’impatto. Poi che dire dei rispettivi rovesci sempre stabili e spesso vincenti. La differenza è soprattutto stata nella tenuta. A mollare, in un modo o nell’altro sia per deficit fisico che mentale, è stato il britannico. Il serbo è assolutamente una macchina da guerra, per ricordare i suoi cedimenti emotivi è necessario fare appello ai meandri della memoria. Nei momenti chiave lui è attento: dopo il primo set perso al tie break quando Murray sembrava al top, il numero 1 dell’Atp ha pazientemente iniziato a tessere la tela per snervare la resistenza del avversario. Ha dosato le sue forze mentre l’altro finiva le energie. Ed ecco fatto avanti il prossimo. 

 

Il suo imminente avversario è uno che non ci si aspettava. A passare il turno contro un favoritissimo Stan Wawrinka è stato Kei Nishikori, proprio lui che questo torneo per i problemi all’alluce non avrebbe neanche dovuto giocarlo. Dopo più di 4 ore il giapponese, invece, è approdato per la prima volta a una semifinale di Slam. Sicuramente lo svizzero non ha dato il meglio, doppi falli e errori per lui inusuali, ma Nishikori ha meritato il passaggio.
L’onore elvetico sarà difeso dunque da Roger Federer, che ha battuto lo spagnolo Roberto Batista Agut per 6-4, 6-3, 6-2. Cosa dire di lui, l’ex numero 1 del mondo continua a sorprendere con le sue prestazioni, nonché ad attirare le speranze degli appassionati che lo rivedrebbero re dei Flushing Meadows ancora una volta. Di fronte a lui l’ostacolo sarà Gael Monfils. Compleanno particolare del francese che, allo scatto del ventottesimo anno d’età, si è regalato questi quarti e preso gli auguri della Azarenka a fine del suo penultimo match del torneo, infatti Vika ha lasciato il suolo americano per mano di una mai troppo pubblicizzata e sostenuta Ekaterina Makarova che si è sbarazzata della bulgara con un netto 6-4, 6-2 e è procurata al quarto tentativo in carriera il suo posto in semifinale e la possibilità, o la sfortuna, di giocare contro Serena.

Ultima sfida aperta dei quarti maschili vedrà il confronto meno accattivante sulla carta fra il ceco, testa di serie numero 6 del torneo, Tomas Berdych, giunto per la prima volta i quarti di finale dello US Open, e Marin Cilic che fino ad ora non ha sbagliato un colpo e domato Gilles Simon al termine di una vera e propria maratona decisa da un quinto set giocato da Cilic con estrema lucidità.

 

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