I Comuni italiani contro le lobbies del gioco
Le vacanze sono finite. La gente torna a lavoro e gli esercizi commerciali riprendono il normale corso della loro attività. Ma non dimentichiamoci che siamo in Italia, dove la terza industria principale è quella del gioco d’azzardo, la quale, annualmente, miete 80 mila vittime con le sue insidie e che fattura 85 miliardi di euro l’anno; sedici volte rispetto a Las Vegas. Presa visione dello scenario, è dunque abbastanza pacifico concludere che anche il gioco riaprirà in pieno i battenti.
Le conclusioni pessimistiche sono quasi naturali di fronte a questa situazione. Nonostante l’attenta, o almeno così sembra, valutazione del testo di legge nazionale sulla regolamentazione del gioco d’azzardo, l’intensa attività delle campagne italiane volte a promuovere e a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai rischi del gioco, i dibattiti politici e la loro intenzione di porre fine a questo arricchimento a costo della salute altrui, le petizioni online per bloccare la capillarità del fenomeno, l’industria del gioco sembra non avere alcuna intenzione di rallentare. A Misterbianco, in provincia di Catania, o a Quartu Sant’ Elena, nel cagliaritano, sono state avviate addirittura le Family Bingo, dove i bambini, che come notoriamente recita la legge del 2007 non potrebbero entrare nelle sale giochi di nessun tipo, possono tranquillamente presenziare al gioco dei genitori e attendere che finiscano. E si sa che il Bingo, nonostante venga fatto passare come tombola, non è proprio uguale a questa, anzi; il primo è molto più rapido e molto più oggetto di tentativi su tentativi da parte dei giocatori. Questo porta a far spendere più soldi e tempo nel gioco in maniera così rapida e compulsiva da rendere difficile anche razionalizzarlo, ma anche per acquistare bevande o quant’altro. Risulta poi così difficile immaginare che anche i bambini, per emulare i genitori, non provino a fare una puntata sia nel Bingo che negli altri giochi presenti in questo finto Paese dei balocchi? Come potrebbero passare il tempo altrimenti? Affrontando la questione in maniera più ampia, si può rispondere alla domanda citando i dati dell’ultima ricerca, risalente a fine giugno, pubblicata da Paidòs (Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza). Questa rivela come 800mila bambini fra i 10 e i 17 anni e 400mila tra i 7 e i 9 giochino d’azzardo. Poi ci stupiamo del fatto che superiamo gli Stati Uniti nella spesa del gioco, dove i minorenni, e lì in alcuni Stati sono considerati tali fino ai 21 anni, neanche li fanno avvicinare a un gioco del genere. La posizione di terza industria in Italia, dunque, il gioco d’azzardo continua a occuparla e questa ingombrante presenza risalta soprattutto nelle piccole realtà comunali. Qui infatti la densità delle slot machine risulta molto alta rispetto alla dimensione e alla popolazione del luogo.
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A mali estremi, allora, estremi rimedi: il gioco continua a imporre la sua presenza grazie anche alla vacuità che gira intorno al problema e all’aleatorietà degli interventi presi al riguardo. Pubblicità su pubblicità di gratta e vinci, di giochi online, di sale slot, ci perseguitano in continuazione, sia in televisione, che su internet o per strada. C’è però chi ha deciso di non sopportare più tutto ciò, e lo ha fatto concretamente; ci si augura che questa reazione sia l’inizio, ma anche il prosieguo, di una catena ancora maggiore. Accanto dunque alla tragicità generale della situazione, sono emersi, e continuano a farlo tuttora, degli ostacoli alla proliferazione di questo male; in alcuni casi l’ostacolo si è rivelato insormontabile, in altri meno, ma l’atteggiamento ora, per par condicio, rivolgiamolo in positivo. Da una parte ci sono gli ossi duri personificati dalle iniziative popolari, come lo Slotmob o gli interventi di singoli cittadini, come Renato. Questo signore genovese, dopo aver assistito alla chiusura di un negozio per far aprire, al suo posto, l’ennesima sala giochi, per di più di fronte a una scuola, ha deciso insieme ad alcuni amici di non fare più finta di niente e di portare avanti un esposto alla polizia municipale; tutta questa mobilitazione, affiancata poi dal dirigente scolastico della scuola in questione, ha portato alla chiusura del locale. Dall’altra parte invece, che si rivela efficace un po’ meno frequentemente, c’è l’intervento del governo. Una recente sentenza del Consiglio di Stato, supremo organo di consulenza giuridico amministrativa del Presidente della Repubblica, infatti, ha rafforzato gli strumenti dei Comuni, finora con le mani praticamente legate, spianando loro la strada alla battaglia che molti territori hanno avviato nei confronti delle società di gioco. Come? Riconoscendo a questi la legittimità di regolamentare gli orari delle sale slot in casi di comprovate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, della quiete pubblica, della libertà, della dignità umana, utilità sociale e salute dei cittadini. I Comuni che finora hanno giovato di questo provvedimento più che ragionevole, il quale non interviene in maniera proibizionistica, bensì regolamentativa, sono quelli di Imola, di Desio, in Lombardia, Lecco e, presto, anche quelli di Torino, Rovereto e Ravenna. Riusciranno, dunque, i nostri eroi a proseguire nella battaglia contro le lobbies del gioco?