Riforma della Giustizia #passodopopasso

Faticosa escalation per la riforma della giustizia che ottiene il via libera del Consiglio dei ministri. Dopo le numerose trattative del Governo con i fanta-alleati, la quadra è stata trovata con poca soddisfazione dell’Anm, dei penalisti e degli esperti del settore.

Novità ma l’ approccio è light, un’ inversione di tendenza quella del Premier che da #cambiaverso frena persino su twitter lanciando il #passodopopasso. D’altronde la giustizia è la vacca sacra italiana, tutti ne parlano ma nessuno osa toccarla. Dopo l’ex riforma Severino che nulla aveva potuto fare, colpevole di subire troppo i pressing di una maggioranza all’epoca tenuta insieme con la colla, oggi il ministro Andrea Orlando reintroduce e riaffronta numerosi temi: dal falso in bilancio all’antiriciclaggio che tornano a formare fattispecie di reato sino alla responsabilità civile dei magistrati.

In via Arenula, tra i punti nevralgici più discussi: intercettazioni e prescrizione, l’istituto giuridico che prevede l’estinzione del reato qualora, scaduto il termine, non sia intervenuta sentenza definitiva. La nuova riforma, infatti, blocca il decorso dei tempi prescrizionali dopo il primo grado, in modo da “disincentivare le condotte dilatorie” ma di converso introduce termini per ricorso in appello e Cassazione. Ne consegue un sistema a fasce con tempi di giudizio diversi a seconda del tipo e della qualità del reato commesso. Una vittoria tutta filo berlusconiana che viaggia sui binari di quel processo breve di cui Alfano fu teorico d’eccellenza. Dall’Anm le prime reazioni. L’associazione fa sapere di non gradire, il segretario nazionale Maurizio Carbone puntella l’esecutivo: ” Non garantisce dai rischi di una prematura estinzione dei reati […] ma non risolve neppure il problema dell’eccessiva durata dei processi. Non elimina le iniquità della ex Cirelli“. Un colpo al cerchio ed uno alla botte. D’altronde, le limature a fronte unico Ncd non intaccano solo la prescrizione. Fanno capolino anche una norma transitoria a tutela dei processi in corso ( vd Galan, Formigoni, ecc) verso cui la nuova normativa non si applicherà; e l’eliminazione della disposizione che avrebbe consentito di ottenere gli ascolti telefonici dei reati di corruzione, con gli stessi criteri agevolati usati per la mafia. Quest’ultimo provvedimento viene incluso nel “pacchetto” intercettazioni che, dopo le modifiche, riguarderà solo la loro eventuale pubblicazione a mezzo stampa con clausola di riservatezza e il ritorno in auge dell‘udienza stralcio, dove avvocati e magistrati selezioneranno i contenuti utili al procedimento. Il Nuovo Centro Destra festeggia: ” Abbiamo ottenuto quello che era stato negato a Forza Italia […] Responsabilità civile e intercettazioni” afferma l’alfaniano Costa. D’altra parte di fronte all’anti-giustizialismo non c’è bandiera che tenga. Oggi a me domani a te. Altra novità, perciò, l’inasprimento della disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati che, pur restando indiretta, vede rafforzato l’automatismo della rivalsa, a fronte di una condanna nei confronti dello Stato, con prelievo del 50% sullo stipendio delle toghe più negligenti. Meglio almeno sul lato della giustizia civile, l’area affidata a decreto prevede oltre al dimezzamento dell’arretrato dei tribunali, la riduzione ad un anno della durata del processo in primo grado con meno passaggi per il divorzio, nonchè l’istituzione di un tribunale unico per la famiglia. L’Obiettivo, secondo Orlando, è quello di “degiurisdizionalizzare” la domanda di giustizia anche attraverso il ricorso all’arbitrato e l’agevolazione dei negoziati fuori dalle aule.

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L’approccio del governo risulta quindi distensivo, una carezza dolce che poco sa di rottamazione come si evince dalle dichiarazioni di Valerio Spigarelli, presidente dell’Unione camere Penali: “Non è una vera riforma della giustizia mancano interventi sulla terzietà del giudice, un efficace controllo sull’obbligatorietà dell’azione penale e un corretto ed equilibrato rapporto tra giudiziario ed altri poteri”. C’è poco da stupirsi, dato che trattare di giustizia con l’area destrorsa del Parlamento non è mai cosa facile, già nel 2012 il governo Monti tentò la strada dell’inasprimento delle pene per i corrotti e l’allungamento dei tempi prescrizionali ottenendo solo una “riformicchia” giudicata dagli esperti al pari di un’arma spuntata. D’altronde dal tam tam il Movimento cinque stelle si defila, disertando ogni colloquio e laddove si rintracciavano aperture in vista della legge elettorale, la risposta dei pentastellati rimane quella della chiusura a oltranza. Ai cittadini non resta che immaginare come sarebbe stato, con la netta impressione che a forza di cambiare per non cambiare nulla, nell’infinita guerra per decretare il condottiero, il traghettatore della rivoluzione a guadagnarci è sempre chi resta lì, lì nel mezzo…da vent’anni.

Fonte: Repubblica, IlFattoQuotidiano, Ansa

@FedericaGubinel

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