L’Isis divora l’Iraq
È almeno dalla Guerra del Golfo che l’Iraq non trova pace ma ad oggi è davvero impossibile parlare di “guerra a bassa intensità”, ora che i guerriglieri dell’Isis si stanno impossessando del paese, precipitandolo in una tragedia umanitaria.
Costituire un unico califfato islamico, con una legge strettamente rispondente alla shaaria: è questo l’obiettivo dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, ormai semplicemente, e assolutisticamente, Is, Stato Islamico. Questo gruppo estremista e terrorista dal giugno 2014 ha autoproclamato il califfato su un territorio che occupa gran parte del Paese e il nord della Siria. Da allora i jihadisti di Ibrahim Abu Bakr al Baghdadi continuano ad avanzare, muovendosi verso nord e conquistando sempre nuove posizioni. Le forze di opposizione peshmerga ormai non reggono più e sono state costrette a ripiegare tra le montagne, tra innumerevoli pericoli e rischi di agguati da parte dei jihadisti. E così ecco che una dopo l’altra sono state occupate tutte le principali città del nord: dopo Zumar anche la città di Sinjar e i campi petroliferi di Ain Zalah e Batma, verso il confine con la Siria. {ads1}
I guerriglieri dell’Is sono inarrestabili nella loro avanzata, che vanta già la presa di Mosul, la terza città più popolosa dell’Iraq, dove viveva un nutrito gruppo di cristiani. Ora la conquista dei campi petroliferi della zona ha un significato strategico importante e ha spazzato via le forze curde, le uniche che sembravano in grado di contrastare l’avanzata dell’Is. Ma quel che è peggio è che quest’avanzata lascia dietro di sè una scia di morti e di sfollati, così com’era già successo in Siria. Almeno 200.000 persone sono in fuga e l’inviato speciale dell’Onu in Iraq, Nickolay Mladenov, avverte che in Iraq si sta consumando una «tragedia umanitaria» nella regione autonoma del Kurdistan iracheno. In quest’avanzata l’Is sta perseguitando tutti gli altri gruppi religiosi, dai musulmani sciiti agli yezidi.
L’avanzata dello Stato Islamico nel nord ha costretto il governo a maggioranza sciita di al-Maliki e i peshmerga curdi a unire le forze. Dentro la tragedia di cui ci parla Mladenov, che ci ricorda che secondo l’Unami (United Nations Assistance Mission for Iraq) a luglio sono state uccise almeno 1.737 persone in Iraq, è in atto un ridisegnamento della geografia del Medio Oriente, nella fattispecie dell’Iraq. Il Paese è stato piegato fino a spezzarsi in tre parti, dai confini labili: a nord la regione del Kurdistan che da anni chiede l’indipendenza, a est fino alla Siria i territori controllati dall’Is e poi il governo di Bagdad che cerca invano di tenere le redini di un paese dilaniato.