Anche a Berlino si celebra l’Al-Quds-day

 

Berlino – L’stituzione dell’Al-Quds-day o “giorno di Gerusalemme” la si deve all’allora Ayatollah Komheini, il quale lo stesso anno dell’instaurazione in Iran del suo regime, nel 1979, la proclamò per solidarizzare con i palestinesi, ai quali, al termine della guerra dei sei giorni, era stata sottratta da Israele la parte più sacra della città, (Al-Quds in arabo significa la Santa). 

Si celebra con esattezza nell’ultimo venerdì del Ramadan e quest’anno la sua vigilia si è riempita di tensione in seguito ai fatti che hanno riacceso il conflitto in corso da giorni nella tormentata striscia di Gaza. Diversi sono stati i paesi che hanno manifestato il giorno 25 luglio contro Israele, tra cui la Turchia, il Pakistan, l’India, l’Afghanistan, l’Iraq, e lo Yemen. Anche nella capitale tedesca come tutti gli anni se ne è onorata la memoria; certo quest’ultimo aveva particolarmente preoccupato le autorità che, per evitare ogni forma di degenerazione, dopo aver diffuso le regole da rispettare (divieto di bruciare la bandiera israeliana e di cori antisemiti`), hanno schierato lungo i viali che ospitava il corteo, più di mille poliziotti in assetto da guerriglia. Il treno dei dimostranti è partito da Adenauer Platz dove un coro gridava “free Palestine” invocando un Israele libero dagli ebrei; proseguendo per Wittemberg Platz gli animi si sono via via scaldati e il pacifico grido iniziale privo di qualsiasi contenuto offensivo è diventato qualcos’altro: non uditi dai militari isolati dai loro solidi caschi e dalle maschere anti-gas, pochi esaltati urlavano: «Mettete Israele nelle camere a gas». Nella folla poi spiccavano alcuni ebrei ortodossi che con i loro abiti consueti e i loro riccioli laterali, in prima linea, non riconoscendo la legittimità dello stato israeliano, hanno sposato la causa palestinese.

 

Donne e bambine sventolavano con fierezza, sotto un cielo cupo ed un’atmosfera autunnale, la bandiera della Palestina che insieme a quelle della Turchia, del Libano e dell’Iran parevano schiaffeggiare l’arroganza sionista, durante l’intero tragitto spesso paragonata a quella fascista.
È quando il corteo raggiunge George Grostz Platz però che le forze dell’ordine sono costrette ad intervenire per evitare lo scontro con le circa cinquecento persone, tra cui alcuni deputati tedeschi, l’ambasciatore israeliano Yakov Hadas-Handelsman e pochi ebrei russi giunti lì per esprimere il loro sostegno alla causa israeliana.

Una scena ripetuta più volte, come ad obbedire ad un invisibile copione, è stata invece quella che ha visto protagonista l’ebreo infiltratosi tra i dimostranti per sventolare provocatoriamente la bandiera d’Israele suscitando la rabbia dei più accaniti i quali, prima di essere bloccati dalle forze dell’ordine, avevano azzardato un minaccioso inseguimento. Più avanti mentre un uomo viene arrestato (in tutto tre sono stati gli arresti) a causa della sua t-shirt su cui era stampata la bandiera nazista, uno dei leader dai microfoni, sicuro ricorda come in Germania stia crescendo una nuova generazione sorda all’ipnosi dell’olocausto.

Nonostante i timori la città di Berlino ne è uscita indenne, dimostrando una invidiabile capacità organizzativa agevolata anche dal numero dei manifestanti al di sotto delle previsioni: in tutto circa mille e duecento dei millecinquecento previsti. Tra gli slogan antisionisti, le foto alzate al cielo dei corpi di bambini palestinesi trucidati dalla guerra anche qui l’unica vera protagonista è sembrata essere la confusione generata da un conflitto divenuto ormai lo specchio delle eterne contraddizioni che abitano ogni uomo.

 

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