L’ uomo che teneva in gioco Turone

Cala il sipario sul mondiale brasiliano. La Germania ha alzato la sua quarta coppa del mondo affiancando l’ Italia nell’ albo d’ oro. Questo non fa che accrescere, qualora fosse possibile, l’ amarezza azzurra e aumenta l’ esigenza di capire i motivi di un tracollo.

Parliamoci chiaro: la Costarica non sarà  la Corea del Nord ma finire alle loro spalle e a quelle dell’ Uruguay è una discreta figura di merda. Tanti i responsabili di questo fallimento: Federazione, Lega, presidenti, pay-tv. E’ il sistema calcio ad avere falle ovunque. Ma per nostra fortuna lo scellerato timoniere di questo italico Titanic incarna alla perfezione ciò che è obbligatorio cambiare nel nostro mondo pallonaro a tutti i livelli. Cesare Prandelli: l’uomo che teneva in gioco Turone.

LE SCELTE- Per capire le convocazioni dell’ ex CT bisognerebbe possedere poteri extrasensoriali. Ci sono differenti linee di pensiero che guidano un selezionatore ad operare la scelta su chi portare ad un mondiale. Ci sono quelli che si affidano ad un gruppo dalle qualificazioni e cascasse il mondo i 23 che partono sono quelli. Altri si affidano alle indicazioni dell’ ultimo anno di campionato e chi addirittura prende in considerazione solo gli ultimi mesi di forma. Chi si affida al volere popolare e dirama la lista a furor di popolo. Prandelli ha invece usato un metodo molto simile a quello di un ubriaco che parcheggia alle 5 del mattino: a cazzo di cane! E’ riuscito a portare oltre oceano ogni tipo di situazione sbagliata: giocatori spompati, giocatori infortunati per gran parte della stagione, chi veniva da un campionato pessimo, chi non faceva minimamente parte dello spogliatoio. Ma tanto se quando ti trovi dove non devi essere e tieni in gioco Turone si alza la bandierina…

IL GRUPPO– Il capitolo “scelte” necessita lo sviluppo di un paragrafo a parte, probabilmente il più importante di tutti perché riassume in un solo corpus il fallimento di Prandelli CT, sia dal punto di vista tecnico che da quello umano. Le ultime due vittorie mondiali azzurre sono accumunate da una caratteristica: il gruppo. Nel 1982 Bearzot e successivamente Lippi nel 2006 si presentarono all’ appuntamento con la coppa potendo contare su un gruppo solido ed uno spogliatoio unito. Per il tecnico friulano fu la logica  conseguenza di un lavoro che, iniziato dopo il suo stesso fallimento dell’ europeo del 76, fu varato definitivamente nel mondiale argentino, proseguito nell’ Europeo dell ’80 e, con qualche innesto durante il cammino, portò al trionfo in Spagna contro tutti i pronostici. Per Lippi invece fu un percorso obbligato. Sedutosi sulla panchina azzurra a soli due anni dal Mondiale tedesco si affidò ad un gruppo già in embrione che non ci mise molto a cementarsi ed assorbire gli innesti dell’ allenatore ex Juve.

Due modi di fare gruppo diversi ma entrambi vincenti, in cui il CT funge da parafulmine e da catalizzatore. Come dimenticare l’ insistenza di Bearzot su paolo Rossi mentre l’ Italia intera ne chiedeva la testa? Una caparbietà nel sostenere il gruppo contro i fattori esterni paragonabile a quella di Lippi che si portò in Germania un Totti al 30% e i vari Gattuso, Zambrotta e Nesta tenuti insieme con lo sputo. Il paragone con Prandelli ha del risibile. Pensate al Rossi odierno, Pepito, scaricato dopo essere stato illuso per mesi dopo il suo infortunio. O peggio ancora Gilardino: uomo dell’ ex CT da sempre, Parma, Firenze, tutte le qualificazioni e poi… a casa. Un campione del mondo sbolognato per far posto a Cassano: un mezzo guappo imbolsito che da anni non ha più 90 minuti nelle gambe e che non entrava nello spogliatoio azzurro dalla finale europea del 2012. Risultato: come mettere del tritolo in un budino. Ma tanto la bandierina è sempre là…ben alta a segnalare il fuorigioco di Turone.

BALOTELLI- In molti, compagni compresi,  hanno identificato in  Super “nonsisabeneperchè” Mario  il responsabile sul campo del fallimento azzurro. Che l’ attaccante ex Inter, ex City e probabilmente in un prossimo futuro ex Milan, sia uno dei più forti giocatori italiani è innegabile anche se da tempo non fa nulla per dimostrarlo. E’ altrettanto innegabile che sia simpatico come un calcio nelle palle al risveglio e portarlo in Brasile senza un piano ben preciso per inserirlo negli schemi e nello spogliatoio è stato come sollazzarsi con l’ incursore anale senza avere la precauzione di controllarne l’ esatto voltaggio.  Ma non contento di aver completamente toppato con Balotelli, la prima cosa fatta da sor Cesare è stata scaricare in maniera subdola la colpa su di lui: “l’ho portato io in Brasile, me ne assumo la colpa”. Ah bello…ma pensi che semo così fregnoni? Traduzione: “ La colpa è tutta sua se abbiamo fatto schifo, io l’ ho solo convocato…che colpa ne ho?”. Insomma  i pirati buttavano a mare con più stile. Ma l’ ex Super Mario è in buona compagnia in mezzo alle onde basta ricordarsi come durante il campionato De Rossi, campione del mondo e senatore dello spogliatoio, fu squalificato prima dal suo CT e poi da Tosel . Ma tanto se sei abituato ad avere il deretano parato quando tieni in gioco Turone…puoi fare di tutto

IL GIOCO- Tutto questa confusione e pressappochismo si è palesato in campo. Non ricordiamo una espressione di gioco così patetica della nazionale azzurra ai mondiali. Priva di uno schema tattico ben preciso, costruzione lasciata al caso, difesa disorganizzata, totale assenza di fantasia, esordienti mandati al massacro.  Un Italia senza speranza quella di Brasile 2014.  Per ironia della sorte i 2 gol che ci hanno buttato fuori sono arrivati di testa, come quello di Turone . E’ come se Godin e Ruiz fossero tenuti in gioco da Prandelli…come Prandelli tenne in gioco Turone, ma stavolta niente guardalinee compiacente.

Nelle castronerie prandelliane nemmeno vogliamo addentrarci avendole già trattate in tempi non sospetti. Il codice etico è stato applicato random, la promessa di non convocare giocatori militanti in campionati stranieri si è rivelata una palese menzogna a meno che l’ ex CT non ritenga il PSG una squadra della massima serie del nostro campionato.

Ma il tecnico di Orzinuovi non deve preoccuparsi. Ha già trovato in Turchia il suo spazio, ha già mostrato tutto il carattere che lo contraddistingue annullando l’ amichevole con la Roma. La sua esperienza in Nazionale cadrà nel dimenticatoio. In fondo è fortunato. Il nome di Fabbri sarà per sempre accostato alla Corea, Valcareggi al vaffa di Chinaglia. Lui no. Prandelli lo ricorderemo per altro: sarà sempre e soltanto l’uomo che teneva in gioco Turone.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *