Senato, ripristinata l’immunità parlamentare
La commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato l’emendamento dei relatori Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega Nord) al disegno di legge governativo di riforma costituzionale che reintroduce l’immunità parlamentare per i senatori.
Ad esprimere parere contrario ad una proposta che ha trovato favorevole una maggioranza trasversale (Pd, Forza Italia, Ncd, Scelta civica, Popolari e Lega) sono stati soltanto Sel e M5S. Si astiene Augusto Minzolini (super partes quando proprio non ce la fa ad essere fazioso). «Una decisione presa senza nemmeno sapere se i membri del Senato saranno eletti dai cittadini oppure nominati dalle segreterie di partito» afferma il senatore pentastellato Giovanni Endrizzi, il quale parla di uno «sfregio al dialogo con i cittadini». “Immunità” non significa “impunità” rispondono gli uomini di Renzi, che fino a qualche tempo fa faceva mostra di pensarla diversamente (si veda il caso Maurizio Romani). Ma anche ammessa la buona fede dell’attuale premier un ragionamento per esclusione appare un po’ debole per perorare una causa. Manca qualcuno che venga a spiegarci, previa presunzione di innocenza, come mai in un regime di corruzione dilagante sia davvero così importante preservare questo diritto. Quando i nostri padri costituenti iniziarono ad occuparsi dell’immunità era il 1946 (la Costituzione, come sappiamo, entrerà in vigore soltanto il capodanno del ’48), il fascismo si era da poco concluso, e il Parlamento della neonata Repubblica doveva tutelarsi contro i rischi concreti di una ingerenza da parte della magistratura. L’articolo 68 stabiliva che:
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«I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza».
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Ma ben presto la situazione precipitò, e l’arma che era servita a difendere i valori democratici divenne lo scudo di quanti politici violavano le leggi dello Stato. Così nel 1993, in pieno scandalo Tangentopoli – era l’anno di Craxi bersagliato dalla monetine all’uscita dell’Hotel Raphael – la legge venne riformata, e la necessità dell’autorizzazione a procedere da parte delle Camere fu rimossa. A volerla reintrodurre, in questi giorni – salvo imprevisti il testo arriverà in Aula mercoledì 9 luglio – è una classe politica ancora più irresponsabile di ieri e a cui non possiamo più concedere il beneficio del dubbio. La legge sull’immunità va combattuta ad ogni costo. Tra le caratteristiche tecniche che la identificano, la nostra Costituzione è definita storicamente come “compromissoria”, in quanto è il frutto della collaborazione fra tutte le forze politiche uscenti dal secondo conflitto mondiale. Oggi che tali forze politiche collaborano per lo più illegalmente a difesa dei loro interessi privati e lo Stato italiano ha l’aspetto rassicurante di una nave guidata da un iceberg, il rischio è che essa risulti più che mai compromessa.