IL REQUISITO DELL’OMOGENEITA’ NEL TRASFERIMENTO DI RAMO D’AZIENDA
Con la sentenza n. 11832 del 27 Maggio 2014 la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha statuito sul c.d. trasferimento di ramo d’azienda.
Tale istituto, previsto dall’ordinamento e che permette di trasferire la proprietà di parte di un’impresa, ferma restando la tutela contrattuale garantita ai lavoratori dipendenti, è contemplato dall’art. 2112 c.c., il quale prevede che il rapporto di lavoro subordinato non si estingua e che il dipendente conservi tutti i diritti che ne derivano nei confronti del nuovo titolare.
Il caso di specie, rimesso al vaglio della Suprema Corte, riguardava dei lavoratori ceduti da una società all’altra, i quali agivano per sentir pronunciare la nullità della cessione dei propri contratti.
Il Giudice di primo grado accoglieva la domanda e ordinava il reintegro degli stessi presso il primo datore di lavoro, nelle mansioni a cui erano precedentemente adibiti. Avverso tale sentenza il datore di lavoro interessato ricorreva in Cassazione.
Al fine di verificare la sussistenza della cessione di ramo d’azienda – e non a una semplice cessione di contratti di lavoro – è necessaria un’analisi volta alla ricerca di tutti i presupposti previsti dalla legge vigente.
L’elemento determinante al fine di integrare tale istituto è identificabile nell’organizzazione, intesa quale “legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo interagenti tra di esse e capaci di tradursi in beni o servizi ben individuabili”. Anche nel diritto comunitario: “è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria”.
Occorre però evidenziare che l’istituto del trasferimento del ramo d’azienda può essere attuato anche solo con riguardo a un gruppo di dipendenti stabilmente coordinati e tra loro organizzati e la cui operatività sia garantita da un particolare know-how; in tale ultima ipotesi si verificherebbe una successione contrattuale – ex art. 1406 e seguenti cod. civ. – che non necessita del consenso del contraente ceduto, cioè del lavoratore.
Dunque, la carenza del requisito della omogeneità, come nel caso di specie, ha portato la Suprema Corte al rigetto del ricorso, poiché si sarebbe di fronte a un’ipotesi di cessione del singolo contratto di lavoro, che richiederebbe il consenso del lavoratore ceduto.