Pedofilia nella diocesi americana

Un processo per pedofilia coinvolge la diocesi americana di Saint Paul e Minneapolis e quella di Winona, in Minnesota. Si tratterebbe di un abuso sessuale compiuto negli anni ’70 da un sacerdote ai danni di un bambino che soltanto ora, diventato adulto, ha deciso di trascinare in tribunale i responsabili.

Da sempre gli episodi di pedofilia nella Chiesa cattolica sono stati molteplici, ovvero abusi sessuali su minori o possesso di materiale pedopornografico da parte di vescovi, sacerdoti, religiosi e catechisti appartenenti alla Chiesa cattolica. E così pochi giorni fa è arrivata la deposizione dell’arcivescovo della chiesa di Saint Paul, Robert J. Carlson, che all’epoca della presunta violenza svolgeva l’incarico di vescovo ausiliare nella diocesi incriminata. Carlson ha però sorpreso il procuratore affermando di non ricordare se in quegli anni stuprare un bambino fosse reato. O meglio: non ricorda di averlo saputo. Queste le sue parole durante l’interrogatorio: “Non sono sicuro di aver saputo che fosse un reato, ma so che oggi lo è”. Il procuratore, sorpreso dalla risposta, ha insistito. Carlson ha spiegato di avere subito sette interventi chirurgici a causa di un tumore, addebitando ai medicinali la mancanza di memoria. Ovvio che sentire una frase del genere lascia allibiti: memoria a parte non si può considerare il reato gravissimo di pedofilia un non-reato.

La diocesi ha ritenuto necessario spiegare il tutto attraverso un comunicato, dicendo: “Nonostante non sia in grado di ricordare la sua conoscenza della legge in fatti accaduti molti anni fa, l’arcivescovo ha chiaramente affermato di sapere che oggi l’abuso sessuale nei confronti dei minori è reato”. Ora, naturalmente appare difficile pensare che un reato verso un minore non sia reato. E poi: “La domanda (del procuratore) non riguarda il giudizio morale dell’arcivescovo sulla pedofilia, che egli ritiene un crimine orrendo”. L’abuso sessuale, secondo quanto afferma la vittima, sarebbe avvenuto una quarantina di anni fa all’interno della chiesa cattolica St. Thomas Aquinas a Saint Paul Park. Ma non è l’unico caso entrato nel processo: nel 1987 un altro ragazzino sarebbe stato molestato nella stessa diocesi di Carlson. L’arcivescovo ha ammesso di non aver mai riportato i presunti casi di pedofilia alle forze dell’ordine, ma sembrerebbe aver incoraggiato una coppia di genitori a farlo. Ha poi affermato che nel 1996, quando stavano venendo alla luce altri casi di molestie, non sapeva che la pedofilia fosse un disturbo impossibile da curare: “Non lo sapevo ma la mia preoccupazione continuava a crescere”. Carlson però è convinto di avere agito nella migliore maniera possibile, nonostante qualche lacuna: “Penso che se andiamo indietro nella storia, l’insieme della società non sapeva di cosa stessimo parlando. Penso che nemmeno gli psicologi lo sapessero, e penso che non siamo riusciti a comprenderlo completamente. Anche i presidi delle scuole non sapevano cosa fosse, nessuno capiva che si trattava di un problema serio”. Sembrerebbe quella di Carlson una sorta di linea di difesa utilizzata anche ultimamente dal cardinale statunitense Roger Mahoney “All’epoca non capivamo”. Sicuramente, direi, considerazione assai discutibile.

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