Maya fratto Rezza Fratto_X: equazione da fine del mondo
C’è qualcosa di compiutamente inumano in ciò che Antonio Rezza dice e fa in scena. O meglio, c’è la rappresentazione (assurdamente verosimile) dell’uomo moderno: complesso e astioso, confuso e ironico, dolce e abominevole. C’è tutto un compendio di vizi inconfessabili, paranoie inespresse, ansie indomite, ostentazioni falliche, proclami sciocchi, e tanta ironia involontaria: una autoironia massacrante e liberatoria.
Incombe la fine del mondo e la razza umana per l’ennesima volta riesce a dare sfoggio di grande ignoranza e mancanza di spirito. E Rezza sembra arrivare a proclamarne la venuta, profeta mistico (e mistificatorio) del collasso non solo del mondo, ma della logica che lo sorregge. Una logica che è rimasta sepolta sotto cumuli di idiosincrasie e ossessioni: coazioni a ripetere, rituali ossessivi che hanno privato la parola e il senso che la sorregge, di ogni significato. Insomma, le abitudini mostruose di un pubblico (ma sarebbe meglio dire di un’umanità) che ormai assiste e subisce passivamente la norma di senso imposta, e non importa da chi, sia esso Stato, religione, moglie o suocera. Un pubblico di cui diviene immediatamente tangibile l’imbarazzo e lo spaesamento appena Rezza lo invita (anzi, lo costringe) a partecipare ai suoi giochi al massacro.
Grazie alle scenografie di Mastrella – ma sarebbe meglio chiamarli costumi, visto che sono il tramite attraverso cui Rezza diviene il corpo tangibile e trasfigurato delle sue ossessioni, Fratto_X è un vero e proprio viaggio allucinato nei meandri della psiche soggiogata (non a caso l’ansia si presenta non dissimile da una camicia di forza) e dell’impossibilità semantica di descrivere (e di accettare) l’inquietudine del reale. Uno spettacolo di pazzia e di genio: questo è Fratto_X. Perché possiamo cercare di illuderci che il pazzo sulla scena non ci rappresenta affatto, ma le sue distopie, le sue ansie, la sua confusione morale è la nostra stessa pazzia. Rezza non anticipa la fine del mondo, ma ne testimonia soltanto gli effetti, e con precisione matematica risolve un’equazione perfetta: l’orizzonte non è altro che un immenso fratto sulla testa dell’uomo e a semplificare la divisione non rimane niente. Insomma: niente paura, la fine del mondo c’è stata già.