Mare, Demonio, Ultimo … Santo in scena al Teatro Azione
Una donna che ama attende, senza chiedere. Senza pretendere che le proprie scelte siano più importanti di quelle dell’uomo amato, aspetta, senza rumori superflui. Così, la Helene di Mare, Demonio, Ultimo … Santo, spettacolo nato da uno studio su Seta di Baricco, andato in scena al Teatro Azione dal 14 al 16 dicembre.
La storia raccontata è quella di Hervè Joncourt, un uomo dalla vita normale, senza grandi colpi di scena. Fin quando, per acquistare uova di bachi da seta, si spinge fino alla “fine del mondo”. Arriva in Giappone, in una terra ancora sconosciuta e misteriosa. Ed è da quel mistero che viene attratto, dagli occhi occidentali di una giovane donna orientale. Quattro viaggi, quattro ritorni, ogni volta con un pezzo di sé in meno, colpito dall’inspiegabile nostalgia per qualcosa che non si è mai vissuto. Ad aspettarlo, in Francia, la paziente moglie dalla bellissima voce, Helene e Baldabiou, l’amico, “il socio, l’occhio che vede e piange col sorriso sulla bocca”.
Alla regia e interprete del ruolo di Helene è Olimpia Alvino, che ha diretto Giuseppe Marzio (Baldabiou), Emanuele Gabrieli (Hervè) e Alessandra Falanga (giovane giapponese e Madame Blanche). Esemplare il lavoro sul testo di Baricco; non la semplice riproposizione di un testo romanzesco, ma la ricerca del non detto, di ciò che accade al di là del racconto. Un lavoro costruito, nell’insieme, per rimandare al pubblico la bellezza e l’amore che costruiscono l’intera storia: attraverso l’attenta cura per le danze della giovane giapponese, curate da Ivan Ristallo e la scenografia di Michele D’Amaro, si costruisce un cerchio perfetto, carico di emozioni e suggestioni. Il lavoro sulla recitazione mira a costruire sulla scena un misto di immaginazione e realtà, invitando lo spettatore a lasciarsi condurre verso un percorso fatto di parole, ricordi e sensazioni.
Nel Teatro si crea così l’atmosfera di un viaggio interiore. Il confine del mondo, durante le ultime battute, diventa nient’altro che l’inafferrabile bellezza quotidiana che i nostri occhi faticano a riconoscere. E non si può far altro che lasciarsi condurre ed emozionare, consapevoli che, più di ogni altra cosa, ignota è l’essenza di ciò che ci è di fronte.