Chi l’ha detto che i giovani italiani sono choosy?
“Buongiorno sono Sara. In casa posso esserle utile?”. “Signora la nostra offerta le permetterà di risparmiare il 40% sulla bolletta telefonica, senza più pagare il canone e senza costi di disdetta!(Ti prego, credimi, almeno oggi riuscirò a portare a casa 10 euro!)”. Una laurea nascosta quasi con vergogna nel cassetto più basso dell’armadio insieme a quei sogni perdenti nello scontro con la realtà. Giovani italiani choosy? Non proprio.
I dati emersi da uno studio diffuso da Labitalia e condotto con il metodo della Web Opinion Analysis, racconta di una popolazione giovanile di studenti universitari tra i 19 e i 26 anni, ben disposti a sporcarsi le mani facendo lavori umili e faticosi. Sono il 52% quelli che già lo fanno, ma ben il 48% si dichiara costretto ad attingere ancora al portafogli di mamma e papà per far fronte al carovita. E poi si studia e si studia sempre di più, sperando in una utopica meritocrazia, ma soprattutto in una borsa di studio (lo dichiara il 27%) rara, ritardataria, dimezzata.
Smentita nei fatti la più scomoda affermazione della ex Ministra Fornero, che forse può riferirsi a ragione solo a quella parte di studenti le cui tasche pullulano ancora di liquidi. Quelli si che danno l’accesso ai sogni. A tutti gli altri toccano le preoccupazioni. I costi universitari: materiale didattico, costi per il trasposto pubblico, affitti e poi il lavoro, che anche quando si trova, per la maggior parte è mal pagato e precario quanto la stabilità mentale di chi tutti i giorni non sa prospettare cosa accadrà nel futuro imminente.
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Poi c’è chi ha rinunciato e riacquistato la speranza riempiendo una valigia e migrando verso l’estero. Solo lo scorso anno, lo hanno fatto in 100.000, giovani e non, e manco a dirlo hanno comprato un volo di sola andata per la Gran Bretagna, diventata ormai il primo Paese mondiale di emigrazione per gli italiani. Forza lavoro, intelligenza, possibilità di crescita collettiva che si assottigliano di un buon 19%, tanto è aumentato il fenomeno nell’ultimo anno. Per chi resta, insieme alle proprie vagonate di curricula cestinati, adattarsi è l’unica soluzione. In alternativa c’è anche la nuova frontiera della schiavitù chiamata stage, che dà nella maggior parte dei casi come retribuzione l’esperienza, ovviamente, un valore tanto imprescindibile che pare inopportuno spiegare che questa, seppur importante, non aiuti a fare la spesa. Altrimenti cuffie, grembiuli e divise alla mano.
@MariaChiaraPier