L’Europa contro l’Europa
Il Pd di Renzi vola oltre il 40%, Grillo #vinceràpoi e Berlusconi, nonostante la decadenza, è ancora vivo. Conclusi gli scrutini, è il momento dei bilanci. E mentre in Italia si discute, nel Vecchio Continente il risultato destinato a far più rumore è un altro: quello degli euroscettici.
Le premesse c’erano tutte, e quella dei movimenti no euro sembrava una vittoria annunciata. Una vittoria dalle tinte fosche, perché molti tra i partiti euroscettici non hanno mai nascosto la loro matrice nazionalista e xenofoba, in alcuni casi dichiaratamente neonazista. Gli exit poll dopo il voto nei Paesi Bassi avevano fatto sperare in un ridimensionamento, poi sono arrivati i risultati degli altri paesi, Francia e Regno Unito in testa. Ed è stato chiaro fin da subito che il boom c’è stato, eccome. Marine Le Pen raggiunge il 25,1%: il Front National è il primo partito di Francia, mentre Hollande scivola al terzo posto. Anche a Downing Street, però, le sedie iniziano a scottare: i conservatori del Primo Ministro David Cameron perdono dodici punti. Ma la vera novità è la vittoria dell’Ukip, il partito antieuropeista e razzista di Nigel Farage, che vola oltre il 30%: per la prima volta dal 1906, il primo partito britannico non è quello conservatore né quello laburista (che lascia per strada l’8% delle preferenze). I nazionalisti di sua Maestà e gli omonimi francesi, però, sono in buona compagnia. Anche in Ungheria – dove l’affluenza al voto è stata tra le più basse d’Europa – Jobbik, il partito di ultra-destra dichiaratamente e violentemente antisemita è riuscito ad affermarsi. Per lui “solo” il secondo posto. Un risultato straordinario, se si pensa che in passato uno dei deputati ha proposto di schedare gli ebrei “pericolosi” per la nazione. Il vero vincitore rimane comunque il premier Orban, criticato per la sue posizioni autoritarie e accusato di flirtare proprio con Jobbik. {ads1} Il fronte nazionalista no euro ha raggiunto risultati record anche in Austria, dove il Partito della Libertà ha conquistato il terzo posto e quasi il venti percento delle preferenze. Anche dai Paesi in cui l’estrema destra non ha registrato exploit, però, gli ultranazionalisti sono riusciti a raggiungere Bruxelles. In Germania, dove pure la coalizione di Angela Merkel ha tenuto, è bastato un misero 1% per spedire un erede di Hitler al Parlamento Europeo. La Grecia ha votato contro l’Europa della Troika, scegliendo il cambiamento promesso da Syriza. Nondimeno, i neonazisti di Alba Dorata hanno raggiunto il terzo posto, conquistando risultati importanti anche nelle amministrazioni locali. Anche in casa nostra, Salvini è riuscito nel miracolo, riportando la Lega Nord oltre il 6%. Un risultato che, sommato a quello – deludente – del MoVimento 5 Stelle, porta gli euroscettici nostrani oltre il 28%. Grillo ha già respinto le avances della Le Pen, che «ha un’appartenenza politica diversa da quella del M5S», ma sembra che il leader pentastellato non sia l’unico a non rispondere all’appello «Euroscettici di tutta Europa unitevi!». Nel nuovo Parlamento, infatti, ci saranno oltre 140 euroscettici (si arriva sopra i 170 considerando i deputati della lista Tsipras) che, però, non sembrano volersi unire. Proprio il leader dell’Ukip, Nigel Farage, vorrebbe mantenere in vita il gruppo – fondato nel 2009 – Europe for freedom and democracy, cui appartiene anche la Lega Nord, lasciando gli euroscettici duropuristi in un gruppo separato.
Che riescano a creare una grande alleanza no euro o che proseguano su strade separate, una cosa è certa: gli euroscettici daranno del filo da torcere all’Europa, che potrebbe scoprirsi più fragile di quanto non creda e che rischia un brutto salto nel passato. In questa Europa, però, molti elettori hanno dimostrato di non credere già più.