Google responsabile del trattamento dati

«Il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi». Così si è espressa la Corte di giustizia dell’Unione europea a seguito del caso di Mario Costeja González, ribaltando le posizioni della precedente sentenza datata giugno 2013.

Il cittadino spagnolo, appellandosi a quello che è stato nominato diritto all’oblio, chiedeva infatti che venissero rimossi dei contenuti che lo riguardavano in prima persona sulle pagine web del quotidiano La Vanguardia, o che venissero altrimenti occultati i link alle pagine in questione dai risultati del motore di ricerca del gruppo Google. L’Agenzia spagnola di protezione dei dati (Aedp, Agencia española de protección de datos), a cui González si era rivolto, ha respinto il reclamo contro il quotidiano – che aveva piena legittimità di pubblicare le informazioni – mentre ha accolto quello nei confronti di Google Spain e Google Inc.; quelli di Big G. hanno presentato due ricorsi davanti all’Audiencia Nacional, ed è allora che il giudice spagnolo si è rivolto alla Corte che ha sede a Lussemburgo, la quale ha deliberato quanto sopra riportato. Gli articoli continueranno quindi ad essere presenti e disponibili alla consultazione dei database degli organi di informazione interessati, ma qualora il soggetto lo richieda, e al verificarsi di alcune condizioni, dovranno essere resi invisibili da Google e da tutti i suoi fratelli minori (Yahoo e Bing al secondo e terzo posto dei più utilizzati).

 

«Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online», ha commentato un portavoce dell’azienda californiana, e, aggiungiamo noi, che non manca di sollevare tutta una serie di questioni e problematiche. È chiaro ad esempio che le leggi in vigore per un soggetto privato non potranno valere allo stesso modo per un personaggio pubblico, perché in questo caso si andrebbe a ledere il diritto dei cittadini ad essere informati, e di questo sembra avvedersene anche la Corte, che rimette però la decisione ad un aristotetlico giusto equilibrio fra le diverse istanze. Un’aurea mediocritas che sarà tuttavia difficilmente raggiungibile in assenza di una precisa normativa in materia. In linea del tutto teorica inoltre, se un contenuto risulta a tutti gli effetti giusto e rispondente a verità perché si dovrebbe procedere alla sua rimozione? Per non finire tutti sotto il rogo mediatico di quella gigantesca lente da ingrandimento che ad oggi è Internet, certo. Ma su quali basi ideologiche si fonda il diritto all’oblio? Dopo quanto tempo si ha la facoltà di esercitarlo? È più pericolosa una rete dotata di memoria permanente o capace di cancellazione a breve termine? Infine, siamo sicuri che la responsabilità sia da imputare al motore di ricerca e che questi non abbia invece un rapporto di terzietà? E come farà Google o chi per lei a giudicare caso per caso l’idoneità di questo o quel soggetto al fine di evadere la sua richiesta? Se si vuole capire da che parte sta andando il mondo sarà necessario rispondere al più presto a queste domande, e sarà la nostra fortuna se riusciremo a farlo nel modo corretto.

 

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