Il Messico saluta Gabriel García Márquez
Sembra essere destino: i più grandi scrittori se ne vanno ad aprile. Miguel de Cervantes, William Shaskespeare e, adesso, Gabriel García Márquez. La morte dei primi due, avvenuta il 23 aprile del 1616, ha portato alla decisione, da parte dell’Unesco, di festeggiare la Giornata internazionale del libro proprio in questa data.
Ora quella di García Márquez, verificatasi il 17 sempre dello stesso mese, apporterà una rilevante influenza alla celebrazione di questa e delle future edizioni della ricorrenza. Se in Colombia, patria natia del premio Nobel per la Letteratura nel 1982, la giornata di oggi sarà esclusivamente dedicata alla lettura pubblica delle opere del suo autore d’eccellenza, gli altri Paesi della regione latinoamericana contribuiranno, nel loro piccolo, a ricordare il grande autore. Il Messico, in questo caso, occuperà un ruolo di rilievo, vista la scelta di Márquez, nei lontani anni ’60, di vivere nella capitale del Paese per il resto dei suoi giorni. Città del Messico dunque, culla e fonte di ispirazione di uno dei più grandi scrittori dei nostri tempi, non si è risparmiata nel congedarlo, come per ringraziare il Gabo di aver scelto proprio lei come base per la sua attività letteraria, come riparo dalla vita mondana e come punto di arrivo della sua illustre vita. Lo scorso lunedì, il Palazzo delle Belle Arti di Città del Messico, ritrovo delle opere di Diego Rivera, José Clemente Orozco, David Alfaro Siqueiros, ovvero i pionieri del movimento che vide i suoi albori proprio in Messico, il muralismo, ha reso un omaggio di circa tre ore all’autore di Cent’anni di solitudine. Presenti alla cerimonia la moglie e i due figli di García Márquez, il presidente messicano Enrique Peña Nieto e quello colombiano Juan Manuel Santos oltre alle centinaia di ammiratori dello scrittore.
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Sede di grandi concerti, dove si è esibita niente di meno che Maria Callas, ma anche il nostro Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Rudolf Nureyev, il Palazzo delle belle Arti di Città del Messico è anche il tradizionale luogo dove vengono omaggiate le grandi personalità messicane o quelle che, comunque, hanno avuto un forte legame con il Paese. All’elenco personificato dallo scrittore Carlos Fuentes, da Octavio Paz, Nobel per la Letteratura nel 1998, dal celebre attore Mario Moreno, da Chavela Vargas, cantante originaria del Costa Rica ma che, del Messico, ha fatto la sua patria da sempre e da molti altri, si è aggiunto lo scrittore colombiano. Città del Messico, dunque, è abituata a ospitare figure culturalmente di spicco. Dagli albori della Rivoluzione contro la dittatura di Porfirio Díaz, scoppiata nel 1910, la capitale messicana ha abbandonato il fasto kitsch, volto a emulare le culture occidentali, per riappropiarsi del suo passato preispanico. Questo è avvenuto grazie alla sua apertura verso il resto del Paese, derivato appunto dall’espandersi dei moti rivoluzionari che ne collegavano le varie parti, alla presenza di artisti di grande rilievo, da Diego a Frida Kahlo e a importanti esponenti delle lettere, ma anche al suo merito di essere stata scelta come rifugio di molti intellettuali europei in fuga dai regimi dittatoriali della prima metà del Novecento. Facendo, inoltre, un passo indietro a livello temporale per tornare ai tempi dell’impero coloniale spagnolo nel Paese, ci si renderà conto del ruolo che Città del Messico ebbe nella gestione delle colonie. Era infatti la capitale del Vicereame della Nuova Spagna, un distaccamento del regno in Spagna appunto. Vista la sua nomina di città più importante del vicereame dunque, Città del Messico era sede di molti importanti eventi, culturali e politici, e residenza di funzionari spagnoli. Punto d’incontro di varie nazionalità praticamente da sempre, il Distretto Federale, così chiamato dai messicani, continuerà a mantenere questo spirito multiculturale, a essere scelta da importanti figure intellettuali per il suo dinamismo culturale e a rendere omaggio a geni come Gabriel García Márquez che, anche se non più presenti in questo mondo, manterranno viva la loro eredità in eterno.