Natale di Roma: 2767 candeline ab Urbe condita

Il 21 aprile del 753 a. C., secondo la tradizione di Varrone ed i calcoli di Lucio Taruzio, era il giorno in cui Romolo, dopo aver tracciato il perimetro della città, ne aveva iniziato la costruzione sul Palatino. Gli storici assunsero quella data (ab Urbe condita) come riferimento cronologico, e tale rimase nei secoli a venire, poiché, nonostante inizialmente si trattasse di una bella favola antica, ha poi trovato, nel corso dei secoli, stringenti corrispondenze archeologiche.

Eppure, secondo Il Messaggero, alcuni recenti ritrovamenti di “eccezionale rilevanza” nell’area del Lapis Niger al Foro, consentirebbero di retrodatare la fondazione della Capitale, probabilmente di circa 200 anni. Sono state infatti rinvenute delle strutture murarie in blocchi di tufo risalenti a oltre 900 anni prima di Cristo, erette per contenere le acque di un piccolo fiume, lo Spino, con accanto frammenti di ceramiche e resti di cibo (cereali) in corrispondenza del Lapis Niger, nella piazza del Comizio, di fronte alla Curioa del Senato. Dunque ci troviamo davanti alla testimonianza di una frequentazione umana dell’area del Foro romano molto precedente alla messa in opera di Roma da parte dei gemelli del mito? 

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In attesa di sapere se dobbiamo aggiungere 200 candeline in più alla torta della Città Eterna, torniamo alle celebrazioni dell’evento nel corso dei secoli. L’imperatore Claudio fu il primo a far celebrare l’anniversario di Roma nel 47, ottocento anni dopo la presunta data della fondazione; e nel 248 Filippo l’Arabo celebrò il primo millennio di Roma, assieme ai Ludi Saeculares che venivano organizzati ogni cento anni. Ci sono pervenute anche delle monete che ne celebrano l’evento; in particolare, su una di queste, appare esplicitamente la scritta “1001”, da dove si evince come i cittadini dell’Impero romano avevano compreso di essere all’inizio di una nuova era, di un “Saeculum Novum“. La festività in epoca cristiana fu poi trascurata fino a scomparire del tutto e, dopo secoli di oblio, fu ripristinata nel Quattrocento dagli umanisti dell’Accademia Romana.
I festeggiamenti tornarono in auge dopo il 1870, come riaffermazione dei valori ideali del Risorgimento. Secondo le cronache, una rievocazione colossale e fastosa delle “Palile” (le antiche feste originali) si ebbe il 4 maggio 1902, sul Palatino, per iniziativa dei soci del Circolo artistico: davanti ad un pubblico foltissimo sfilò una lunga teoria di numidi, pretoriani, porta-insegne, patrizi, littori, schiavi, fanciulle che gettavano fiori, sacerdoti e vittimari con un vitello e pecore. Seguivano lettighe, portantine con matrone condotte da schiavi, file di mimi, ginnasti e trombettieri, il coro e un carro con un tripode su cui bruciavano gli incensi. Chiudevano la sfilata un numeroso gruppo di popolani e alcuni carri carichi di doni. Fu cantato il Carmen saeculare tra squilli di trombe, vennero lanciati colombi e accesa l’ara profumata d’incensi. Terminati i sacrifici alle dee Pale e Roma, si assisté al lancio del giavellotto, al salto, alla lotta, al lancio del disco e a gare di corsa. In epoca fascista, a partire dal 1924, il 21 aprile era festa nazionale, e si festeggiava in tale occasione anche la Festa dei lavoratori, che sostituì quella del 1º maggio, questa consuetudine fu poi abolita nel 1945, e la festività restò esclusivo appannaggio del Comune di Roma, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Quest’anno sulla via Appia Antica, il Gruppo Storico Romano, associazione culturale fondata nel 1994, ci farà rivivere in tutto e per tutto i fasti dell’antica Roma. Infatti, in occasione del suo ventennale, l’associazione avrà un ruolo molto attivo negli eventi patrocinati dal Comune, come ha fatto sapere Sergio Iacomoni, in ”arte” Nerone, presidente dell’associazione: ”Faremo un grande corteo di rievocazione storica che partirà dal Circo Massimo e con noi ci saranno oltre 1600 persone provenienti da tutta Europa”. E poi il pubblico assisterà al tracciato del solco, all’accensione del fuoco, all’antica festa della Palilia, a combattimenti e danze, il tutto con la supervisione scientifica del dipartimento di Scienze Storiche di Tor Vergata. Insomma, un evento da non perdere, anche perché nonostante ogni giorno il glorioso passato di Roma ci mostra le proprie bellezze, sotto gli occhi spesso indifferenti di noi cittadini, ogni tanto, almeno una volta l’anno, è bene ricordare anche la vecchia Caput Mundi così com’era un tempo, altera e sorniona, e onorarla come merita.

 

 

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