La gelosia di Otello e il dramma di Desdemona al Teatro Quirino
L’Otello è, tra le opere di Shakespeare, quella che meglio rappresenta la debolezza umana dinanzi alla gelosia.
Nell’adattamento teatrale in scena al Teatro Quirino fino all’11 novembre si ripercorrono i complotti di Iago contro il suo superiore Otello, simbolo dell’egemonia veneta sui turchi, l’Occidente (personificato nel paradosso dell’uomo di colore) sull’Oriente.
Nella tregua bellica di Cipro, dove sono accampate le truppe venete, ci si lascia trasportare dalle debolezze: attraverso gli occhi di Iago si legge un’umanità istintiva, violenta, totalmente sconnessa da quelli che sono i valori di famiglia, patria e amore. Attraverso le sue trame folli si riesce a percepire il potere distruttivo della gelosia, che si insinua come un insetto nella mente dell’uomo, fino a modificarne radicalmente i comportamenti.
Uno Iago protagonista quello interpretato da Maurizio Donadoni, la cui crudeltà muove gli altri personaggi come pedine di una scacchiera. L’eroe Otello, che gode dell’esperienza teatrale di Massimo Dapporto, subisce tale gioco di sentimenti, fino all’estremo gesto nei confronti di Desdemona (una più che convincente Angelica Leo). Superlativa la prova di Federica Fabiani nell’impersonare Emilia, Moglie di Iago e donna di servizio di Desdemona: la scena conclusiva dove smaschera le pianificazioni del marito e rende giusta grazia al corpo di Desdemona vale da sola il costo del biglietto.
La vicenda shakesperiana è nota a tutti, e la trama fluisce tranquillamente su una scenografia essenziale, prodotta unicamente da giochi di luci e ombre. Eppure ci si chiede come sia possibile immaginare che l’intero dramma urlato, maledetto, e allo stesso tempo sussurrato di Otello possa venire inscenato in un grande teatro senza alcun supporto di amplificazione audio. Parte della platea è stata costretta a rinunciare dopo pochi minuti, altri hanno faticosamente resistito fino alla fine: l’Otello diretto da Nanni Garella si sentiva a stento!
Forse un maldestro errore d’esordio, o forse un volontario tentativo di riallacciarsi a quella recitazione totalmente diaframmatica, senza microfono alcuno. Eppure a tutto c’è un limite, e quello di Massimo Dapporto sembra essere tutto nella voce, ben impostata ma insufficiente a raggiungere acusticamente la platea del Quirino.
Consigliato a chi conosce la storia d’amore che ha spento il sole e la luna o a chi può beneficiare di ottimo udito.