Il lavoro che non c’è

La disoccupazione è di nuovo senza freni. Secondo dati che ormai possono essere presi da qualsiasi fonte, giornali, televisione, riviste, statistiche la disoccupazione è salita al 13% e sembrerebbe aver raggiunto tali risultati solo nel lontano 1977.

Nel caso specifico poco più di una persona su due possiede un’occupazione, mentre sono circa tre milioni quelle che ancora lo cercano, che mandano curriculum quotidianamente via mail o a mano e che non riceveranno, nella maggior parte dei casi, alcuna risposta. Il dato attuale del 13% di disoccupazione è il più allarmante degli ultimi 37 anni. È un profilo molto drammatico quello delineato dall’Istat sul lavoro in Italia. Secondo alcuni dati, il tasso di occupazione di febbraio è stato del 55,2%, un tasso minimo dal primo trimestre del 2000. Ci sono da gennaio del 2000 circa 8000 persone in più che cercano un impiego. Il grande problema è che non si tratta solo ed esclusivamente di giovani, ma anche di persone adulte che non rivolgendo il proprio interesse lavorativo all’estero, si ritrovano magari disoccupati a causa della crisi, dei licenziamenti e della cassa integrazione. I numeri relativi agli occupati sono i peggiori dal 2003: sono circa 22 milioni le persone che ad oggi hanno un lavoro.

Lo stesso Matteo Renzi ha espresso il suo parere su questi dati sconvolgenti: <<In un anno si sono persi mille posti di lavoro al giorno, ma nei prossimi mesi torneremo sotto la doppia cifra>>. La soluzione andrebbe cercata proprio nella riforma del mercato del lavoro, che necessita di passaggi più semplici e rapidi. Coloro invece che non cercano lavoro, gli inattivi sono circa 14 milioni, persone tra i 15 e i 64 anni. Nella fascia d’età 15-24 il tasso di disoccupazione è al 42,3%.

Secondo Renzi è il momento di “ricominciare a correre”, perché il nostro sistema manca di flessibilità, anche se questa linea non convince il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco: <<Abbiamo osservato una flessibilità non utile e buona, utilizzata da imprese che non hanno innovato, ma per lungo hanno rinviato riducendo il costo del lavoro sfruttando la flessibilità>>. Non resta che sperare in un possibile recupero attraverso le riforme che favoriscano appunto l’occupazione. In questi ultimi periodi la disoccupazione giovanile ha toccato del 42,3 %.

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