A lezione di Italia con gli Oblivion

Gli Oblivion, in scena al Teatro Sala Umberto fino al 4 novembre, sono molto di più di un mero fenomeno internet.

Nati sotto il segno di Youtube, hanno ben presto raggiunto la notorietà con i loro “Promessi Sposi in 10 minuti”, musicale parodia del capolavoro di Manzoni. Un classico decostruito e rielaborato sotto nuovi linguaggi, così da permetterne un rapido accesso. Lo stesso è stato riprodotto in oltre 100 palcoscenici, dai teatri comunali alle scuole pubbliche. “Oblivion 2.0 show: il sussidiario” è la normale evoluzione di una comicità che strizza l’occhio tanto al cabaret quanto ai café-chantant parigini, attraverso un sapiente uso della musica come veicolo primario della comicità. Quella degli Oblivion è un’ironia delicata, che non si sottrae alle sfide e ai paradossi dell’età moderna, pur rielaborandoli in un linguaggio garbato, composto.

Oltre un’ora di perfette esecuzioni vocali e singolare precisione scenica, in cui si spazia da Bach fino a Lady Gaga, trascinando in un’unico universo l’assurdità dei Monthy Pyton, la carica simbolica del Quartetto Cetra (a cui traggono chiaramente ispirazione), i colori e le coreografie Bolliwoodiane nonché l’irriverenza pentagrammatica di Giorgio Gaber.
Letteratura, storia, filosofia… nel loro sussidiario è riassunta l’intera conoscenza umana, nei loro personaggi si possono ritrovare caratteri a noi noti, situazioni di plausibile quotidianità nonché brillanti sketch degni della miglior scuola di Zelig. Il tutto sapientemente diretto da Gioele Dix.
La conclusione non può che essere nel segno di Manzoni: ciò che li ha resi famosi diventerà la consacrazione della loro avventura scenica. Insieme a tutta l’Italia riproporranno i “Promessi Sposi in 10 minuti”, così da permettere a chi li avesse persi di guardare questo piccolo, capolavoro virale dell’età moderna.

Uno spettacolo divertente, in cui i cinque madrigalisti autori non sbagliano intonazioni e tempi scenici. La musica accompagna il veloce scorrere del tempo, scandendo applausi e invitando a fugaci riflessioni: non c’è motivo di soffermarsi sull’assurda ordinarietà. Gli sketch di cultura cantautoriale e di mashup musicale i più graditi dal pubblico, mentre i seriosi riferimenti storici ad un’Italia che non c’è più arriva in un momento dello spettacolo forse troppo avanzato o spensierato. Un calo di brio che prontamente si tuffa in “quel ramo del lago di Como…”

 

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