Eutanasia e depenalizzazione della Cannabis: la Corte Costituzionale boccia entrambi i referendum. Perché?
La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per discutere sull’ammissibilità del referendum sull’eutanasia e sulla cannabis, denominati più nello specifico ‘Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente)’ e ‘Abrogazione parziale di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti’.
Entrambi i referendum sono stati bocciati: perché ?
La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum per la cannabis legale che aveva come obiettivo quello di depenalizzare la coltivazione ed eliminare la pena della detenzione per i reati legati alla cannabis, ad esclusione ovviamente del reato di traffico illecito. Le ragioni che la Corte ha avanzato nel bocciare il referendum sono due: in primis c’erano dei difetti nella formulazione del referendum. Il presidente della Corte Giuliano Amato, in una conferenza stampa ha spiegato che “il quesito è articolato in 3 sotto quesiti. Il primo relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, quelle che includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti, mentre la cannabis è alla tabella 2. E questo ci ha portato a constatare l’inidoneità dello scopo perseguito“. Da questa presunta inesattezza nella formulazione del quesito nasce la seconda motivazione che ha portato alla sua bocciatura: il quesito referendario sarebbe entrato in conflitto con altre parti del codice penale, in particolare le leggi riguardanti la violazione di obblighi internazionali sul consumo di stupefacenti.
Il Comitato promotore del referendum dal canto suo parla di “sconfitta delle istituzioni, del Parlamento, dei partiti che hanno messo la testa sotto la sabbia, non delle centinaia di migliaia di cittadini che hanno firmato la proposta” e ha ribattuto spiegando le scelte che hanno determinato la formulazione del quesito, sottolineando il fatto che non ci sia stato alcun errore nella formulazione in quanto i commi citati sono strettamente legati e perché il riferimento alle droghe pesanti è stato fuorviante, in quanto solo la cannabis può essere coltivata in maniera rudimentale e mentre coca e papavero necessitano di lavorazioni ben più specifiche.
Anche il referendum sull’eutanasia, che si avvaleva di ben un milione e duecentocinquantamila firme e’ stato bocciato in quanto “non sarebbe stata preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Il quesito abrogava parzialmente l’articolo 579 del codice penale di seguito riportato: Omicidio del consenziente. Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui [c.p. 50], è punito con la reclusione da sei a quindici anni [c.p. 20, 32].
Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [c.p. 575, 576, 577] se il fatto è commesso:
1. contro una persona minore degli anni diciotto;
2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
Nel dettaglio il referendum proponeva di abrogare la parte dell’articolo che punisce l’omicidio di una persona consenziente, rendendo possibile l’eutanasia attiva, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a far sopraggiungere la morte e che attualmente risulta essere illegale in Italia. Nel 2019 era stata la stessa Corte Costituzionale ad intervenire sulla morte di Fabiano Antoniani “DJ Fabo”, stabilendo che non è perseguibile penalmente l’assistenza al suicidio, cioè quando di fatto una persona permette ad un’altra di suicidarsi nel caso in cui la persona che decide di porre fine alla sua vita è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, ha una patologia irreversibile che le provoca sofferenze fisiche o anche soltanto psicologiche per lei intollerabili e se la persona in questione è pienamente capace di intendere e di volere.
Alcuni esponenti parlamentari hanno proposto di voler far portare avanti la causa dal parlamento stesso.
Un altro referendum che ha fatto meno clamore e’ stato bocciato: quello circa la responsabilità civile dei magistrati, che voleva introdurre il principio secondo il quale se un magistrato compie un errore giudiziario deve rispondere lui in prima persona e di tasca propria per l’errore commesso.
I referendum bocciati affondano le loro richieste nella necessità di dare supporto a molte persone affette da gravi patologie o da stati fisici invalidanti che condizionano in maniera permanente la loro vita.
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