Mozambico: un conflitto senza voce
Il conflitto in Mozambico continua a seminare morte e distruzione. Nella provincia di Cabo Delgado, gli operatori di Save the Cildren hanno riportato la testimonianza di alcune migliaia di sfollati circa la morte e la decapitazione di bambini anche di soli 11 anni da parte di estremisti islamici. Per cercare di contenere il peggioramento di una situazione già al limite a Cabo Delgado, gli USA questa settimana hanno inviato dei militari per addestrare l’esercito locale.
Sono circa 670.000 le persone costrette ad abbandonare le proprie case per sfuggire agli estremisti islamici nella provincia di Cabo Delgado dal 2017 ad oggi.
L’inizio del conflitto
Il 5 ottobre del 2017 tre stazioni della Polícia da República de Moçambique sono state attaccate simultaneamente da tre gruppi di uomini a volto coperto armati di machete e mitragliatori AK-47. Era l’inizio di un’insurrezione islamista: da quel giorno gli attacchi non si sono mai fermati.
Inizialmente i miliziani colpivano villaggi isolati, uccidendo con l’ausilio di armi rudimentali. Con il tempo la loro capacità d’azione è diventata più forte e pericolosa grazie ad armi automatiche e fuoristrada. Questo gruppo di miliziani ha sempre avuto il sostegno mediatico dello Stato Islamico, ma chi ci sia di preciso dietro questo gruppo di estremisti ancora non è noto.
Questo conflitto dilania una zona ricca di risorse, con enormi depositi di gas naturale liquido, pertanto non si esclude l’ipotesi che non siano jihadisti, ma criminali che vogliono ottenere il controllo del territorio per ritorni economici attraverso attività illecite.
Le forze armate mozambicane non sono riuscite, neanche con l’aiuto di mercenari stranieri a contenere la minaccia: sono almeno 2.614 le persone morte nel conflitto dal 2017, compresi 1.312 civili. La situazione è peggiorata negli ultimi 12 mesi.
Sin dall’inizio della guerra Cabo Delgado, il governo mozambicano ha fatto di tutto per tenere nascosta l’entità del conflitto. Le Forze di difesa e sicurezza avevano isolato la regione: nessun giornalista poteva entrare, lasciando voce soltanto alle dichiarazioni delle autorità governative. Solo nel 2020, il fenomeno che era stato annunciato come “attacchi da parte di aggressori senza volto e senza voce” assunse ufficialmente l’identità che realmente ha: una tragedia causata da gruppi di estremisti che uccidono la popolazione, bruciando e saccheggiando i villaggi.
In quello stesso anno il vescovo di Pemba, Luiz Fernando Lisboa, denunciò pubblicamente la gravità della situazione: descrivendo una marea di rifugiati in fuga dalle proprie case che avevano invaso la capitale della provincia in cerca di aiuto. Dom Luiz ha denunciato anche l’inefficiente risposta data dalle autorità mozambicane alle popolazioni delle zone attaccate dagli estremisti e il fatto che, al contrario di quanto affermato dalle dichiarazioni ufficiali, la situazione non era sotto controllo.
Amnesty International ha denunciato crimini di guerra commessi da tutte le parti coinvolte nel conflitto in Mozambico: incluse le forze governative.
Quello in Mozambico continua ad essere un conflitto senza voce: migliaia di sfollati, villaggi distrutti, bambini decapitati messi in secondo piano anche dal loro stesso governo.
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