Italia e Francia, la relazione complicata

FranciaSpesso, a proposito del nostro Paese, si sentono usare espressioni come ‘Andare in Europa con il cappello in mano’ o ‘portare i compiti a Bruxelles’. Che ci sia da discutere su norme o fondi comunitari, da difendere interessi o cittadini italiani nel Mediterraneo o da proteggere merci e imprese dal protezionismo altrui, anche quando si riportano singoli successi sembra che i rapporti di forza internazionali siano generalmente sfavorevoli. Di questa narrazione farebbero parte Giulio Regeni, i pescatori di Mazara del Vallo, i Marò; ma anche lo stop francese all’acquisto di Chantiers de l’Atlantique da parte di Fincantieri, tanto per fare un esempio.

Per capire la vera natura di questa fragilità – debito pubblico a parte, ovviamente – bisogna allargare lo sguardo e collocarlo nella storia: invocazioni di cambi di governo e di orgoglio nazionale sono spesso mere banalizzazioni. Così come non basta cambiare l’allenatore quando una squadra perde, perché è solo una parte di uno scenario molto più complesso: giocatori, strategie societarie, disponibilità di risorse e molto altro.

Conoscere la storia per non ripeterla

FranciaRileggere le vicende del Risorgimento italiano alla luce degli equilibri europei del tempo consente di capire meglio sotto quali patronati si è formata la moderna nazione italiana. Relazioni da cui in parte continuano a dipenderne le sorti, perché la Storia impone corsi e ricorsi, soprattutto a chi non la conosce.

E la storia ci dice che a chiamare gli stranieri in Italia in genere sono sempre stati gli italiani. Divisi e perennemente in lotta tra loro, gli stati preunitari formavano alleanze con le potenze europee per prevalere o per resistere gli uni contro gli altri. Queste, ovviamente, erano ben liete di intervenire nei fatti italiani: per estendere l’influenza territoriale, per evitare scontri diretti mediante vere e proprie ‘guerre per procura’ e per contendersi l’appoggio del Papa di Roma, che sul piano politico contava almeno quanto una media potenza. A complicare le cose, alleanze rese mutevoli da matrimoni tra casate, che potevano portare re austriaci in Spagna, spagnoli a Milano o francesi a Napoli.

La Francia è probabilmente lo stato europeo che ha condizionato in modo più diretto le vicende italiane. Ad esempio, ha sostenuto il Piemonte in tutte le Guerre di Indipendenza e ha agito da ‘gendarme del Papa’. Ma perché tanta generosità?

Savoia, en marche!

FranciaLa Savoia nasce come stato vassallo della Francia. Parla francese, e la capitale fino al 1563 è Chambéry, al di là delle Alpi. Portarla a Torino significa tentare di emanciparsi, mettendo le montagne a difesa da un potenziale nemico. La Francia non resta a guardare e tenterà spesso di ricordare ai duchi di Savoia chi è che comanda. Quelli spesso subiscono, qualche volta si difendono ma restano pur sempre uno stato satellite. Con una certa autonomia: la politica estera infatti non si fa con con la fedeltà né con l’ideologia, ma con la difesa di un interesse nazionale.

Con il Congresso di Vienna, infatti, entra in scena l’Inghilterra. C’è da rafforzare uno stato cuscinetto antifrancese a sud delle Alpi, e nel 1814 gli inglesi sponsorizzano l’annessione al Regno di Sardegna dell’antica Repubblica di Genova. Il Piemonte avrà così il suo porto, che resterà sotto l’influenza britannica – o almeno, sarà sottratta a quella francese. I Savoia accettano volentieri, perché loro erano stati alleati della Francia conservatrice di Luigi XVI, mica quella rivoluzionaria di Napoleone.

FranciaLa storia del cuscinetto tornerà di nuovo utile, stavolta ai francesi. A confine con il Piemonte c’è l’Austria che occupa Lombardia e Veneto: un rischio per la Francia. Quando nel 1848 scoppiano rivolte antiaustriache a Milano e a Venezia, Carlo Alberto ha l’occasione di intervenire e la Francia lo lascia fare. Ma sarà una débacle: per sconfiggere la superpotenza austriaca serve l’appoggio militare dei francesi, e solo così – nel 1859, Seconda Guerra di Indipendenza – il Piemonte annette Lombardia, Toscana, Parma, Modena e Romagna. I francesi, con perdite tutto sommato contenute, si assicurano che il nuovo stato cresca restando sotto la propria sfera di influenza, estendendola a zone precedentemente legate agli Asburgo. Un buon affare.

Lo sbarco di Garibaldi a Marsala e la conquista delle Due Sicilie convengono alla Francia ma, per motivi opposti, anche agli inglesi: uno stato italiano unito potrà ridimensionare i Napoleone III nel Mediterraneo. Tra Gibilterra e Suez l’Inghilterra non vuole rivali – è la via di casa, quella per le Indie – e gli inglesi, tenuta a bada la Francia, vigileranno sempre che anche l’Italia non alzi troppo la testa.

Le guerre degli altri

FranciaIntanto, nel nord Europa gli equilibri stanno cambiando. La Prussia contende all’Austria la guida del mondo germanico, e nel 1866 scoppia la guerra austro-prussiana delle ‘Sette Settimane’, un decisivo passo verso l’unificazione tedesca; Italia e Prussia si alleano contro il comune nemico. La condotta militare italiana sarà di nuovo fallimentare, ma agli occhi di Bismarck avrà il merito di tenere occupata l’Austria sul fronte sud. Il premio sarà il Veneto, ceduto all’Italia con la mediazione della solita Francia.

Ma l’unificazione tedesca preoccupa Napoleone III, che vede crearsi una nuova e aggressiva superpotenza direttamente ai suoi confini, e nel 1870 è la volta della guerra franco-prussiana. La Francia la perde malamente il 2 settembre, e il 20 settembre l’Italia, che si era impegnata con i francesi a non toccare il Papa, apre la breccia a Porta Pia. L’impegno di non entrare a Roma era stato sottoscritto con l’Impero francese, ma ora c’è una Repubblica. Liberi tutti.

FranciaPer una certa storiografia, la Prima Guerra Mondiale rappresenterebbe la Quarta Guerra di Indipendenza italiana. Perché obiettivi territoriali e nemico sono sempre gli stessi, e la Francia è sempre alleata. Ma il quadro internazionale è molto più articolato e complesso, e al tavolo dei vincitori l’Italia porta con sé un peso molto minore di quello di potenze globali come Gran Bretagna e Stati Uniti. Il rancore per la ‘vittoria mutilata’ porterà l’Italia mussoliniana ad allearsi stavolta con la Germania, che al di là delle affinità ideologiche (che non sono mai materia di alleanze, come insegnano Molotov e Ribbentrop, e i carteggi tra Churchill e Stalin) è potenza di terra: il Mediterraneo se lo prendessero gli italiani, se ne sono capaci (e non riusciranno nemmeno a prendersi l’Albania).

 

Conflitti nel Mare (ex) Nostrum

FranciaLa Seconda guerra mondiale la Francia l’ha vinta, in qualche modo. L’Italia l’ha persa e paga pegno. L’Europa unita e la Nato impediscono di fare altre guerre dirette, ma i conflitti tra interessi contrastanti si trasferiscono sulla sponda sud del Mediterraneo. L’Italia, formalmente espulsa dalla Libia, tenta di tenere buoni rapporti con Gheddafi e il mondo arabo per garantirsi energia e sicurezza; una presenza che confligge con gli interessi francesi nel Mediterraneo orientale. Enrico Mattei finanzia la rivolta algerina contro la Francia. La Francia scopre che Gheddafi vola Oltrecortina nell’ombra radar degli aerei di linea italiani, come quello che sorvola Ustica il 27 giugno 1980. Una lotta iniziata cento anni prima che l’Italia perde definitivamente nel 2011 con la caduta di Gheddafi, provocata dalla Nato per volontà dei Francesi.

Una sconfitta il cui esito è destinato a consolidarsi in futuro, perché mentre la Francia è un paese demograficamente vitale, l’Italia è destinata a un declino sempre maggiore. Un paese sempre più vecchio e spopolato, senza progetto, impaurito e rancoroso, come rivelano il Censis e il senso comune. Diviso come sempre, non potendo proprio per questo affermare un interesse davvero ‘nazionale’. Magari sperando in un altro Uomo della Provvidenza (il copyright è di Pio XI).

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