Europa, Libia e migranti: uno scacchiere dove i più deboli sono le pedine
Negli ultimi due giorni sono stati registrati due naufragi nel Mediterraneo centrale: il naufragio al largo delle coste di Sabratha, in Libia, ha provocato almeno 15 vittime.
L’OIM -organizzazione internazionale per le migrazioni- ribadisce la sua richiesta agli Stati di riprendere gli sforzi dedicati di ricerca e salvataggio e di istituire un meccanismo di sbarco sicuro e prevedibile. Migranti disperati continuano a rischiare la vita nel Mediterraneo centrale in fuga da abusi e sfruttamento, in assenza di capacità di salvare vite. Ma nello scacchiere libico gli attori sono innumerevoli, da tanto troppo tempo. Che ruolo ha l’Italia? Perché i migranti vengono riportati in Libia, un paese in guerra attiva, dove vengono rinchiusi in centri di detenzione – anche non ufficiali rendendo impossibile mantenere le tracce delle persone (de)portate in queste carceri- subendo torture e finendo nelle mani di trafficanti di uomini come Bijia?
Per fare chiarezza sotto il punto di vista legislativo circa la situazione libica abbiamo interpellato l’avvocata Francesca Napoli specializzata nel diritto d’asilo, che si occupa da diverso tempo di raccontare storie di rifugiati attraverso la sua pagina instagram @storiedellaltromondo, dando un volto a quelle persone che vengono veicolate attraverso i social come numeri.
Qual’è il ruolo dell’Europa e dell’Italia nella mala gestione dei migranti?
“Negli ultimi anni il sistema della gestione dei flussi migratori si è basato sulla esternalizzazione delle frontiere” ovvero l’insieme delle azioni economiche, giuridiche, militari, prevalentemente extraterritoriali, poste in essere da soggetti statali e sovrastatali, con il supporto indispensabile di ulteriori attori pubblici e privati, volte ad impedire o ad ostacolare che i migranti (e, tra essi, i richiedenti asilo) possano entrare nel territorio di uno Stato al fine di usufruire delle garanzie, anche giurisdizionali, previste in tale Stato, o comunque volte a rendere legalmente e sostanzialmente inammissibili il loro ingresso o una loro domanda di protezione sociale e/o giuridica. “Cosi facendo si è deciso di investire finanziando paesi come Libia ,Niger, Ciad, per contenere i migranti formando le autorità locali, fornendo mezzi e attrezzature tecniche. I pilastri del nuovo patto europeo sono questi: esternalizzazione delle frontiere, screening ai confini, solidarietà, non nei confronti dei migranti, mai tra stati per favorire un sistema di rimpatrio utilizzando un meccanismo di sponsorship. Ma se non cambiano gli equilibri mondiali, un paese in cui non vige lo stato di diritto non è in grado di accogliere e gestire i migranti.”
Gli stessi paesi con cui stipuliamo accordi hanno governi corrotti che fanno uscire a basso prezzo materie prime, pertanto va da sé che le convenienze economiche in ballo sono molte. Ma quand’è che si oltrepassa la linea sottile che c’è tra il salvaguardare i propri interessi e diventare complici essendo consapevoli di reati e crimini?
Emblematico l’arresto di Abdul Raman al Milad, meglio noto come Bijia, per per traffico di esseri umani e per contrabbando di carburante. Nel 2017 Bijia aveva partecipato ad un incontro con il governo italiano avvenuto nel Cara di Mineo di Catania nel 2017. Solo un anno dopo, nel giugno 2018, l’ONU ha inserito Bija nella lista delle persone coinvolte nel traffico di esseri umani. Ma chi è Bijia e perché venne invitato in Italia?
“Era un ribelle che combatteva per deporre l’ex rais Muammar Gheddafi. Dopo la scomparsa di Gheddafi tutte le tribù che si erano formate in Libia si sono armate. Il governo nominato dalla comunità internazionale è un governo debolissimo e ha fatto ricorso a tutte le varie milizie che si sono formate per sostenersi diventando un governo vittima. Quella di Bijia è un’etnia molto forte, che ha il controllo del traffico di petrolio a Zawhia” zona strategica per le partenze dei migranti. “Bijia faceva partire solo i migranti che pagavano i trafficanti con i quali aveva rapporti. Gli altri li riportava indietro”.
All’inizio del 2017 vennero pubblicate alcune inchieste giornalistiche che facevano luce sulla figura di Bijia, descrivendolo come il perno dei traffici di Zawhia, mentre un video pubblicato sul Times mostrava i suoi uomini picchiare migranti con una frusta dopo averli recuperati in mare. Lo stesso anno viene rinnovato il Memorandum d’Intesa con lo Stato libico.
“ Nel 2017 viene rinnovato il patto con la Libia durane il governo Gentiloni. L’Italia sosteneva la Libia nella gestione dei i flussi migratori. Bijia era a capo della guardia costiera di Zawhia, in quanto le tribù di ribelli si sono integrate riempiendo le falle di un sistema debole. Venne in Italia come rappresentante della guardia costiera per una visita di studio circa la formazione nel salvataggio dei migranti in mare, ma era già considerato un soggetto pericoloso. Da lì a poco infatti uscì il rapporto dell’Onu.”
Quando i migranti arrivano in Italia nei centri di accoglienza possono essere rimpatriati?
“Il diritto dice che nel momento in cui fai ingresso irregolare in un paese, ma fai domanda di asilo, questo ingresso irregolare non può essere criminalizzato e puoi restare sul territorio per la procedura di richiesta di asilo. Il problema è che avviene sempre più frequentemente che per alcune nazionalità nei centri di primo soccorso, subito dopo lo sbarco, per i migranti non viene fatta l’informativa per la domanda di Asilo, vengono portati nei CPR (Centri per il rimpatrio) e poi rimpatriati. Se invece vengono riportati indietro mentre sono ancora in mare, e quest’azione viene compiuta dalla guardia costiera libica non è considerato respingimento, in quanto la Libia è considerata ufficialmente porto sicuro. Si ha un respingimento quando mandi una persona verso un luogo in cui la sua sicurezza non è garantita e viene sottoposta a trattamenti degradanti. Una sentenza storica condanna l’Italia perché aveva riportato in Libia delle persone, così hanno creato la SAR libica: zona di ricerca e salvataggio libica. La Libia non poteva fare soccorsi o occuparsi dei migranti in mare non essendo un paese stabile, così l’Italia ha prima arricchito le risorse libiche e poi gli ha fatto dichiarare la competenza.“
Nel giugno 2017 Tripoli annunciò l’iscrizione nel registro dell’Organizzazione marittima internazionale di una propria zona di Search and rescue (Sar). Così l’Europa da quel momento in poi è stata sollevata dalle responsabilità per quello che succedeva in quelle acque. Diverse inchieste subito nei mesi a venire hanno messo in luce quello che accadeva: dai mancati soccorsi alle operazioni di polizia condotte con metodi brutali e disumani. La SAR libica è solo una finzione burocratica della quale l’Europa necessitava per sollevarsi dalle responsabilità nei confronti dei migranti in mare.
“Se anneghi in acque libiche devi chiamare la guardi costiera libica, se una ONG salva delle persone in mare deve chiamare la guardia costiera libica e ridargli i migranti, cosa che non fanno poiché non ritengono la Libia un porto sicuro. Ma in Libia la migrazione è considera reato, pertanto se vieni riportato li sei automaticamente messo in carcere. Ci sono prigioni governative e quelle istituite milizie che non sono controllate da nessuno, attualmente in Libia ci sono 4000 persone detenute ufficialmente, ma se ne stimano molte di più all’interno dei lager; inoltre considerando che un migrante in Libia è utilizzato al pari di una moneta di scambio e stimandosi una presenza di circa 650 mila persona straniere, va da sé che le condizioni di molti, anche non detenuti, sono ai limiti della disumanità.”
Diverse le denunce di mancata risposta da parte della guardia costiera libica in caso di chiamate. Inoltre tecnicamente i barconi pieni di migranti non vengono soccorsi, ma “recuperati” in quanto scappando violano la normativa libica sull’immigrazione. E le altre navi che circolano per il Mediterraneo cosa fanno? Perché sono spettatori silenziosi?
“Ti tengono in stallo senza trasferire i migranti. Il diritto di navigazione dice che il salvataggio deve essere il più veloce possibile in quanto le imbarcazioni, come i mercantili o le petroliere, hanno dei costi pazzeschi da sostenere per ogni ora passata in mare. Così le navi se vedono un barcone in mare vanno avanti, infatti i migranti talvolta denunciano di essere stati avvicinati da imbarcazioni senza che venisse ascoltata la loro rischiata d’aiuto. È omissione di soccorso, è perseguibile penalmente ma nel momento in cui togli le ONG dal mediterraneo e militarizzi le frontiere, non c’è più nessuno in grado di raccontare quello che avviene in mare: né gli operatori, né i giornalisti. Restano solo i migranti e la guardia costiera libica. Il mancato rispetto dei diritti umani sarà difficilissimo da provare, a quel punto.”
Abbiamo dato gli strumenti alla guardia costiera libica per occuparsi dei migranti consci delle azioni indicibili che avrebbero messo in atto. Ci siamo lavati la coscienza di tutte quelle vittime cadute in mare senza voler ascoltare le grida di chi non è mai riuscito a partire e subisce torture e abusi nelle carceri libiche. Abbiamo letto con sgomento i referti shock dei medici che hanno prestato soccorso ai migranti arrivati in Italia. Ma nonostante tutto non abbiamo fatto nulla affinché il Mediterraneo tornasse ad essere un mare solidale e non un mare di morte e disperata speranza.
“[…]Mare nostro che non sei nei cieli
all’alba sei colore del frumento
al tramonto dell’uva di vendemmia,
Ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste[…]”
Erri De Luca
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