Fase 2: dal turismo alla ristorazione, i settori più colpiti

Per fronteggiare la crisi post Coronavirus, il settore horeca prova a riorganizzarsi puntando su solidarietà e fidelizzazione

Ristorazione“Cosa farai quando l’emergenza sarà finita?” In un paese come l’Italia, dove convivialità ed enogastronomia sono parte fondante della cultura, sono in molti a rispondere “Andrò a cena fuori con gli amici”. Ed è una fortuna che sia così.

Il settore horeca (dall’acronimo di hotel, ristorazione e cafè), secondo una stima di Fipe-Confcommercio a fine anno registrerà perdite per oltre 28 miliardi di euro. In alcune regioni questo potrebbe significare che al termine del lockdown fino al 30% di bar, ristoranti, pub ed enoteche potrebbe non riaprire per la sopravvenuta -e definitiva- chiusura dell’attività. Al di là degli interventi governativi, il comparto dunque sta cercando di riorganizzarsi. E lo fa anche in modo innovativo, applicando al cibo il meccanismo finanziario dei contratti future: paghi oggi e mangi (o bevi) domani. Con lo sconto.

Qualcuno salvi il mio bar

1586281729515.jpg--addio_allo_champagne_evviva_la_birra__cosi_cambiano_le_abitudini_degli_italiani_con_il_coronavirusLa prima a partire è stata la multinazionale della birra AB InBev, il marchio belga che raduna cinquecento etichette tra cui Corona, Leffe, Becks e Stella Artois, lanciando in Italia l’iniziativa “Salva il tuo bar”. Per il consumatore funziona così: sul sito salvailtuobar.it si cerca il bar o il pub al quale si è affezionati (la lista è organizzata regione per regione) e si paga una ‘gift card’ da dieci euro. Quando il locale riaprirà, la card potrà essere consumata in birra per il valore corrispondente; nel frattempo, AB InBev (entro tre settimane dalla donazione, dichiarano sul sito) avrà girato il contributo al locale, consentendogli di sopravvivere e aggiungendo il 30%: il costo della birra che consumerete. L’obiettivo dichiarato è quello di raggiungere almeno i 500.000 euro di ‘donazioni’ in Italia.

Ciò che nell’immediato potrebbe sembrare una donazione è, in realtà, un buono a rendere per il futuro, che serve a garantire una liquidità immediata all’attività e a fidelizzare la clientela: “Quando verranno meno le limitazioni, potremo finalmente tornare a fare quello che più ci piace: stare insieme, magari con una birra in mano, nel nostro bar preferito” ha dichiarato in una nota Benoit Bronckart, AD Italia e Presidente per il Sud Europa di AB InBev.

Ci rivediamo presto, al ristorante

ristorazioneIl meccanismo ha generato molte iniziative simili, tra cui quella di Fipe, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi: denominata #buooono, è una sorta di risto-bond che, acquistato a saracinesche ancora abbassate, vale un prezzo del menù scontato del 25%.

L’iniziativa, lanciata lo scorso 23 aprile, sta muovendo i suoi primi passi; il funzionamento è simile quello descritto in precedenza. Il sito da consultare è cirivediamopresto.it. Il bonus potrà essere speso entro 90 giorni dalla riapertura del locale in un pranzo, una cena o anche solo un aperitivo in tagli da 15, 25, 50 o 100 euro. “L’iniziativa si differenzia dalle altre nate fino ad ora sia perché le somme versate dai clienti vanno direttamente ai ristoranti, sia per le condizioni vantaggiose garantite da Nexi”, tiene a specificare Fipe nel comunicato di lancio: grazie all’accordo, il leader dei pagamenti on line “ha rinunciato ai proventi derivanti dal canone mensile e a una parte delle commissioni su ogni transazione”.

Il ‘nostro petrolio’

ristorazioneIl settore del turismo italiano, di cui l’horeca è parte centrale, secondo una fortunata definizione di un Ministro dei Beni Culturali è “il nostro petrolio”. Un oro nero che con la pandemia ha subito un vero e proprio tracollo: rispetto ai 430 milioni di presenze in Italia del 2019, nei soli mesi di lockdown se ne sono perse 90 milioni, e i mesi successivi difficilmente segneranno una ripresa. Non è un petrolio autarchico, il nostro: quasi l’80% delle presenze viene dai paesi europei, e non sarà facile compensarlo né facendo vacanze ‘interne’, né con i soli sostegni pubblici alle imprese. Il settore dovrà immaginare sempre di più forme nuove e creative di auto organizzazione per incentivare la clientela. Come i risto-bond.  

Il petrolio, quello vero, nei giorni scorsi ha registrato un crollo del prezzo senza precedenti, con i famosi future che avevano un prezzo negativo: per convincere un compratore ad acquistare Wti -West Texas Intermediate- in futuro ad un prezzo fissato oggi, bisognava dargli quaranta dollari perché non c’era aspettativa di mercato.

Con il petrolio nostrano, fatto di cultura, paesaggio, natura ed enogastronomia, succede qualcosa di simile. Ma questo non inquina, anzi crea futuro, si condivide e dà gioia. Stavolta scommetterci potrebbe servire a tutti.

Vai alla home di LineaDiretta24

Leggi articoli dello stesso autore