Aiuti all’Italia: oltre la “Diplomazia delle mascherine”
Molti paesi sono accorsi in aiuto dell’Italia con personale medico e materiale sanitario. Perché l’hanno fatto? Non sempre si tratta di (sola) generosità
Cina, Russia e Cuba sono stati i primi paesi ad aiutare l’Italia nell’emergenza Coronavirus.
Nei giorni successivi, con meno enfasi, si sono mossi gli Stati Uniti e l’Unione Europea, sia come istituzione che con singoli stati membri, dopodiché abbiamo visto arrivare albanesi e ucraini, e persino brasiliani e egiziani. Tutti aiuti preziosissimi, beninteso, in un momento in cui la nostra sanità minacciava di collassare. Ma perché lo hanno fatto? Si tratta solo di generosità?
L’Italia è stato il paese occidentale in cui il Covid-19 si è diffuso subito dopo la Cina, con una violenza che ha colpito l’opinione pubblica internazionale. Nella fase in cui l’epidemia sembrava ancora avanzare lentamente, i più famosi monumenti del mondo si sono illuminati con il tricolore e ci sono state manifestazioni spontanee di solidarietà dal grande impatto. Chi però è passato dai gesti simbolici agli aiuti concreti, oltre alla solidarietà ha avuto anche altri buoni motivi.
È normale che sia così. Ogni paese che si impegna in aiuti deve rispondere alla propria opinione pubblica, per la quale è prioritario occuparsi del proprio paese: perché dunque privarsi di soldi, mascherine, respiratori e medici indispensabili in patria? La risposta sta in precise regole geopolitiche, che variano a seconda del paese donatore e che rispondono innanzitutto alle sue strategie di politica estera e di sopravvivenza economica.
La “diplomazia aggressiva della generosità”
La Cina, per esempio, i cui 300 medici e sanitari sono stanziati in Lombardia, da tempo esercita il suo soft power per aprirsi spazi in Europa. Deve scrollarsi di dosso la paternità del ‘morbo cinese’, ma soprattutto ricorda all’Italia – e quindi all’Europa – l’assenza dell’alleato Trump, a lungo impegnato a negare la gravità della situazione, e della NATO. L’amicizia mostrata potrà rivelarsi utile in fase di guerra commerciale con gli USA, nelle trattative incrociate su dazi e sanzioni. La Cina deve inoltre favorire l’esportazione dei propri materiali sanitari per poter riattivare la macchina produttiva e consolidare l’immagine di partner affidabile e non aggressivo, nel pieno della ‘nuova guerra fredda’. E scommette sull’Italia, l’unico paese del G7 ad aver sottoscritto il memorandum sulle Nuove Vie della Seta, il programma cinese di investimenti infrastrutturali e commerciali nel mondo. Praticamente, un dito nell’occhio all’occidente e alle sue alleanze.
Esigenze in parte simili a quelle della Russia. Economicamente molto meno rilevante, la Russia tenta di influenzare politicamente gli stati occidentali perché accettino le sue necessità strategiche. Per questo ha bisogno di indebolire l’Unione Europea, per avere più potere contrattuale nel braccio di ferro sulle sanzioni commerciali e nelle dispute territoriali, per esempio con l’Ucraina. Le relazioni con l’Italia sono storicamente buone, e ai fini politici interni per Putin questo è il migliore palcoscenico per mostrare ai russi l’immagine di grande potenza, muscolosa e altruista. Ma sempre aggressiva: molti hanno obiettato sull’effettiva utilità del materiale sanitario inviato, notando che i 120 uomini stanziati a Bergamo sono tutti militari e comandati da un generale, fatto piuttosto inedito per una missione umanitaria. E quando La Stampa ha sospettato un interesse dei russi per informazioni militari e industriali riservate, il portavoce del Ministro della Difesa ha bullizzato “i committenti della russiofobia” ricordando loro che “chi scava la fossa, in essa cade”. Nientemeno.
Aiuti a buon rendere
Non sempre però si tratta di “diplomazia aggressiva della generosità”, come l’ha definita Josep Borrell, ministro degli esteri UE. L’Albania, il cui premier Rama ha ricordato il soccorso italiano in occasione del terremoto di novembre scorso, ha anche bisogno di appoggi nel complesso percorso di adesione all’Unione Europea. Cuba tenta di uscire dall’isolamento internazionale che gli USA continuano a imporle nella fase post castrista, e richiama l’attenzione sull’embargo che la costringe ad avere infrastrutture sanitarie disastrate, ma non le impedisce di avere medici di altissimo livello. Lo stesso significato ha avuto anche la plateale rinuncia di Jack Ma, fondatore di Alibaba, ad inviare a Cuba e ad altri paesi dell’America Latina due milioni di mascherine e altre attrezzature a causa del “blocco ingiusto, arbitrario e illegale” da parte di Washington. L’Ucraina vuole evitare che un allentamento del fronte antirusso in Europa possa far dimenticare le tensioni seguite all’annessione della Crimea, e l’Egitto cerca, tra l’altro, una distensione diplomatica con l’Italia a seguito dei casi Regeni e Zaky (su cui non ha nessuna intenzione di mollare). In Brasile, il presidente negazionista Bolsonaro ha ostentato sicurezza mandando aiuti in Italia, così sottolineando che in patria -dove i brasiliani di origine italiana non mancano- non gli servono.
E gli “amici”?
L’opinione pubblica italiana tende a ignorare quello che si nasconde dietro la “diplomazia delle mascherine” dei paesi più aggressivi, e a sminuire l’aiuto ricevuto da quelli “amici”. Tanto che l’Unione Europea ha dovuto diffondere un documento dal titolo “Covid-19: European solidarity in action” in cui si riepilogano tutte le misure prese in soccorso degli stati membri. Inoltre, la Germania ospita al momento 70 malati italiani in terapia intensiva, la Francia ha donato un milione di mascherine e ventimila camici protettivi, Tirolo austriaco e Alto Adige collaborano scambiandosi pazienti e materiali, la Polonia ha inviato 15 medici a Brescia. Anche questi aiuti sono interessati, ma almeno in un quadro di regole più chiare. In cui si giocherà ora il decisivo scontro sui Corona-bond.
E gli Stati Uniti? Dopo l’arrivo a Bergamo dei 60 posti letto della Ong evangelica “Samaritan’s Purse”, Trump ha promesso all’Italia un aiuto da 100 milioni di dollari in materiali sanitari. Sa che non può lasciare campo libero a russi e cinesi in quello che vede come il ventre molle d’Europa. Ma l’uomo non si smentisce: ha chiarito che si tratta di “un potenziale in eccesso, di cui non abbiamo bisogno”, e a parte che non è proprio carino dirlo, chissà che ora che ne ha bisogno non ci ripensi. Di Nancy Pelosi, capo dell’opposizione democratica che lo ha accusato di avere a lungo sottovalutato l’emergenza, ha detto che si tratta di “una povera pazza, una vergogna per il suo paese e la sua famiglia”. L’accusa di “diplomazia aggressiva” non lo ha mai preoccupato.
Vai alla home di LineaDiretta24
Leggi articoli dello stesso autore