Reportage di Roma ai tempi delle restrizioni: strade vuote e balconi affollati.
Il silenzio di Roma: quelle stesse strade che fino a poco fa erano orchestrate dal rumore dei clacson, oggi devono cedere il passo al silenzio. La Città eterna mostra tutto il suo splendore sotto le regole delle restrizioni, dimostrando come sia necessario stare a casa per proteggere gli altri. Si è abituati a dover scendere in campo per difendere e difenderci, ma talvolta la soluzione è fermarsi.
Ad oggi i contagiati nel Lazio sono 4.429, 163 in più rispetto al giorno precedente stando all’ultimo bollettino pubblicato sul sito del Ministero della Salute; 143.626 i casi totali in Italia dall’inizio della pandemia. “Il presidente del Consiglio ci ha confermato che, ad oggi, non ci sono ancora le condizioni per far ripartire le attività sospese”, ha affermato il segretario della Uil Barbagallo. Quasi sicuramente le restrizioni in vigore fino al 13 aprile saranno prorogate fino al 3 maggio con la possibilità di poche riaperture mirate nell’ambito di filiere essenziali. Ancora non è arrivato il momento di ripartire, l’emergenza impone al paese ancora il lockdown per evitare che la curva dei contagi salga, vanificando così i risultati e gli sforzi attuati fino ad ora. Il lockdown dovrà continuare a scandire i tempi della Capitale ancora per un pò.
Controlli più serrati in vista delle festività pasquali
In questa circostanza neanche le festività possono essere una scusa valida per venir meno alle norme in vigore. In vista di Pasqua saranno aumentati i controlli, con posti di blocco sulle consolari e sulle autostrade. Questo contesto emergenziale vieta alla popolazione il consueto ritorno nella città natia e i ponti vacanzieri. Le multe per chi viene sorpreso fuori dalla propria abitazione senza in maniera ingiustificata vanno dai 400 a 3.000 euro.
L’Italia si accinge a vivere una Pasqua peculiare, portatrice più che mai del simbolismo della risurrezione.
Come appare Roma ai tempi delle restrizioni?
Illuminata dai primi soli primaverili Roma appare malinconica e ce la raccontano gli scatti della Cosmano che hanno immortalato questo momento unico che stiamo vivendo. E se il terrore che ha seminato il coronavirus ci ha sconcertato, Roma in questo stato ci lascia sbigottiti e sembra quasi chiederci di osservarla con quella calma di cui ora disponiamo e che, forse, non abbiamo mai avuto a disposizione.
Abbiamo raccontato un’altra realtà sempre attraverso gli scatti di Cristina Cosmano, quella della maternità ai tempi del Covid-19 e per i bambini è di facile comprensione quanto sia fondamentale giocare al parco con i compagni di scuola, ma talvolta anche agli adulti risulta difficile restare in casa e fermarsi. Nonostante la percezione della necessità di stare in casa ormai abbia toccato la coscienza di tutti, per molte persone risulta un dovere poco tollerabile.
Ma perché è così difficile restare a casa per qualcuno?
La risposta a questa domanda può affondare le radici in alcuni aspetti della nostra psiche, è per questo che lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Elisabetta Paoletti, psicologa e psicoterapeuta specializzata in disturbi dell’emotività legati a difficoltà relazionali in bambini, adulti ed adolescenti.
“La casa è il nostro luogo sicuro per eccellenza. È sempre la nostra base di partenza e di ritorno, eppure in questo momento così complesso per l’umanità può assumere un significato diverso, tanto da renderci molto complicata la permanenza all’interno di essa. La casa di ognuno di noi è caratterizzata da elementi particolari, come profumi, luci, spazi specifici, che ce la fanno riconoscere come nostra e tali esperienze percettivo-sensoriali la rendono diversa da altri spazi, che sentiamo come meno appartenenti a noi. Il significato di queste sensazioni cambia però nel momento in cui non abbiamo un confronto con il mondo esterno. Tanti studiosi, come Edelman e Damasio, ci hanno infatti dimostrato come la coscienza e la consapevolezza deriva dalla costante interazione tra cervello, corpo e mondo. Togliendo uno di questi elementi la nostra esperienza emotiva, sensoriale e percettiva cambia radicalmente e il luogo che fino a poco tempo fa era considerato come la base sicura, può correre il rischio di essere considerato come un luogo di deprivazione. Inoltre lo stare a casa in questo momento non riguarda solo il confinamento spaziale, ma soprattutto la limitazione dell’aspetto sociale che in alcuni casi è un vero e proprio isolamento. Noi esseri umani siamo animali sociali e l’esperienza di condivisione con l’altro è un bisogno fondamentale. Pensiamo già come un bambino nei primi giorni di vita condivide lo sguardo con la mamma e necessita del contatto fisico, poiché sin da subito ha bisogno di una connessione emotiva con la figura di attaccamento e oggi sappiamo che questa condivisione è fondamentale anche per la regolazione dei meccanismi fisiologici. Questo ci fa capire quanto siano importanti per noi le relazioni con l’altro. Tante teorie motivazionali ci hanno mostrato come nell’uomo esistano une serie di bisogni specifici a base innata che possiamo sinteticamente dividere in due categorie: i sistemi motivazionali omeostatici, legati al bisogno di regolare l’omeostasi corporea -fame, sete, sonno, protezione dai pericoli- e i sistemi motivazionali interpersonali -attaccamento, accudimento, sessualità, dominanza, subordinazione e cooperazione paritetica-. Questi ultimi rappresentano i bisogni di interazione con l’altro e, ad ognuno di essi, sono legate diverse e specifiche esperienze emotive. Viene quindi facile comprendere come negando la possibilità di rispondere a tali bisogni di interazione viene ridotta di molto anche l’esperienza emotiva. Lo stare a casa quindi ci espone al rischio di appiattimento emotivo e di perdita di motivazione. Oltre a questi aspetti basilari, dobbiamo anche tenere conto che la società attuale ci impone uno stile di vita molto frenetico dove passiamo intere giornate fuori casa e siamo poco abituati a fermarci, quindi la nostra mente e il nostro corpo stanno operando per cercare un adattamento ad una situazione nuova. Appare chiaro, come per tutte le suddette motivazioni, che l’essere umano sta affrontando un momento molto complesso, ma bisogna sempre ricordarsi che noi abbiamo molte più risorse di quelle che pensiamo di avere. Dobbiamo quindi cercare di non perdere il contatto con la sensorialità, con l’emotività e con le nostre relazioni in attesa di poter tornare presto a quello che, come detto sopra, facciamo sin dai nostri primi giorni di vita: guardarci negli occhi e abbracciarci.”
Oggi, grazie al lavoro di Cristina Cosmano, che è andata in giro per i luoghi più celebri della Capitale, possiamo “uscire”, fermarci e ammirare l’inesorabile luce delle giornate primaverili che illumina Roma ed il suo silenzio.
Quel silenzio scandito dalle sirene delle autoambulanze, dai fattorini del delivery che sfrecciano, dalle camionette dei militari, ma anche dal garrito dei gabbiani, dallo strido delle rondini, dai gatti della Capitale che camminano indisturbati con il loro passo felpato: dalla surrealtà di una natura che fa il suo corso indisturbata, senza il frastuono dello scorrere delle nostre vite frettolose, sempre sull’orlo del ritardo e del “devo ancora fare questo”. Ma quante cose possiamo fare ora, e quante volte ci siamo trovati a dire “ma ora che si fa?”. Vogliamo tempo, ma in fondo non sappiamo che farcene del tempo vero, vuoto, del tempo imposto. Vogliamo che qualcuno lo riempia al nostro posto, sempre, vogliamo non capirne l’importanza perché, forse, ci fa paura. Il tempo che dobbiamo riempire con la nostra essenza è come uno specchio: ci mostra cosa conteniamo al nostro interno, se siamo davvero colmi del nostro essere o se ci limitiamo chiedere a qualcun altro di colmarci.
Il silenzio della Capitale fa più rumore del traffico con il quale siamo soliti convivere: ascoltiamolo.
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Twitter: @amiraabdel13
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