C’era una volta… la Berlino ‘povera ma sexy’

Ritratto di una città-mondo, ribelle e compassata allo stesso tempo, sempre in divenire, da vivere oltre che da visitare. Prima che sia troppo tardi

 

20170815_182828Le recenti commemorazioni del trentennale del Muro di Berlino hanno riportato alla memoria un tempo che ci sembra ormai lontanissimo. E forse ormai lo è: così come sono sempre di meno quelli che si ostinano a dire che trenta euro sarebbero le sessantamilalire di una volta, a molti ormai non è più ben chiaro come facesse una città a sopravvivere tagliata in due, con una delle due metà recintata su tutti i lati e immersa, come un’isola, in uno stato ostile.

20170815_184514Oggi Berlino attira ogni anno più turisti di Roma. E’ città-mondo, centro e avanguardia di ogni fermento e tendenza culturale e artistica. Se vuoi fare il cameriere per mettere da parte un po’ di soldi vai nell’immensa e sempre più ostile Londra; se sei un musicista, un artista, un creativo, insomma un talentuoso in cerca di un luogo per scambiare e raccogliere stimoli scegli Berlino. Anche per andarci a vivere: perché è accogliente, tollerante e cosmopolita. Una città che fino a trent’anni fa era tagliata in due, ma che settant’anni fa neanche esisteva più, rasa al suolo dalle bombe, oggi è un punto di riferimento europeo e mondiale in tutti i campi della creatività. Altro che la Berlino “triste e molto grande” di Bonetti (anche questa, ormai, se la ricordano sempre in meno).

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Diversamente dalla swinging London, dalla New York degli anni ‘80 o dalla Parigi degli anni ’90, che ribollivano di eventi e di novità con ritmi ansiogeni, Berlino più di tanto non si stressa -e non ti stressa. Stravagante, trendy, libera e costantemente in divenire, ma con un’allure rilassata, romantica, perfino un po’ pigra, Berlino è stata il non-luogo che ha potuto sperimentare qualsiasi innovazione quando era piena di spazi vuoti, di parchi poco illuminati, palazzi fatiscenti, archeologie urbane e scantinati abbandonati. WhatsApp Image 2019-12-11 at 18.09.44Quando il settore Ovest viveva grazie ai ponti aerei di quella che allora si chiamava Repubblica Federale Tedesca, e ogni suo parametro vitale era sostenuto artificialmente, si è verificato un curioso mix tra spirito protestante tedesco, operoso e pragmatico, e una certa attitudine allo struggimento e al ritmo di vita gaudente, quasi mediterraneo. E poi era importante che facesse da rutilante vetrina dell’occidente, un dito nell’occhio del settore Est, della DDR e del suo grigiore.

20170815_183752Ribelle, multiculturale e dinamica Berlino lo era sempre stata. Capitale tedesca solo dal 1871, ha visto subito dopo uno sviluppo tecnologico e culturale impetuoso con cui a fine ‘800 sono nate industrie come AEG, Agfa e Siemens, la prima rivista gay (1896), il primo semaforo d’Europa (1924), il più alto numero di teatri, sale per concerti e cabaret (anni ’20), la prima trasmissione televisiva (1931), i moti spartachisti, la secessione berlinese, l’espressionismo, Gropius e Brecht, una fiorente comunità ebraica e molti altri primati. La città era già stravolta di suo, enorme ma policentrica, una città fatta di città che si chiamavano Charlottenburg, Prenzlauer, Kreuzberg e che una trama incoerente di magniloquenti connessioni neoclassiche tentava di tenere insieme, in un disegno grandioso ma confusionario. Poi il nazismo, e la guerra, e la distruzione totale, e la partizione prima in quattro, poi in due, poi il muro. E la ricchezza di un tempo perduta, la disoccupazione e l’instabilità economica di qua, anche quando JFK esclamava “Ich bin ein berliner!”, la dittatura realsocialista di là, con la sua retorica proletaria, la cappa di conformismo e di repressione-depressione.

20170815_182602La riunificazione, di cui specie quest’anno si è detto ormai tutto, ha ricongiunto una popolazione assuefatta a quarant’anni di paternalismo socialista – ma desiderosa di riscatto – a una abituata all’assistenzialismo di stampo capitalista, benchè ‘dal volto umano’ (Berlino Ovest è stata storicamente governata dalla SPD: anche Willy Brandt ne fu sindaco). L’incontro post ’89, certo con il supporto del poderoso sforzo nazionale per il trasferimento della capitale e di un generosissimo stato sociale, produsse quella Berlino ‘povera ma dannatamente sexy’, (slogan di un altro sindaco SPD, Klaus Wowereit) fatta di pic-nic nei parchi, musica elettronica, feste lungo la Spree, fruhstuck e felafel; luogo della sperimentazione creativa, dell’accoglienza, dove bastano cinque anni per diventare un vero berlinese. Dove arriva gente stanca di città ordinate, borghesi e prevedibili e dove per i 1850 parchi giochi e i 68.000 orti sociali, tra laghetti e foreste urbane sciamano bambini ignudi, biciclette, love parade e vecchietti che prendono il sole. Dove ogni stravaganza è portata con estrema naturalezza, con una particolare forma di eleganza, spontanea e rilassata.20170815_183441

Di musei ce n’erano tanti già da fine ottocento: Pergamon Museum, Neues Museum, l’Alte Nationalgalerie, Bode Museum, tutti sulla Museuminsel. Poi dagli anni ’90 sono arrivati i cantieri, altri musei, le archistar – Frank Gehry, Renzo Piano, Daniel Libeskind, Jean Nouvel – Potsdammer Platz, i restauri, la città scintillante in cui le inaugurazioni delle nuove architetture dovevano essere fantasmagorici eventi-manifesto della capitale ritrovata, democratica, trasparente, vetrata. E anche gli scandali, come il nuovo aeroporto di Berlino-Brandeburgo, 3 miliardi di investimento e una data di inaugurazione che continua ad essere rimandata dal 2011.

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La città-Disneyland dei megamusei e della nuova cupola del Reichstag per ora continua a convivere bene con la città alternativa e multiculturale degli artisti e dei giovani -un terzo degli abitanti è arrivata qui dopo il 1989 e del muro conosce solo i murales dell’East Side Gallery. La città che sa appropriarsi di tutti gli spazi, come l’ex aeroporto di Tempelhof che oggi è diventato un enorme parco urbano situazionista, le ex officine dei cortili nei palazzi di Mitte o le case occupate di Friedrichshain divenute gallerie d’arte, laboratori e centri culturali autogestiti, non ancora tutti imborghesiti, sponsorizzati o sostenuti perché diventino arte ‘ufficiale’. Povera, perché non opulenta e noiosa come il resto della Germania; sexy non perché forzatamente trasgressiva, ma perché spontanea, disinibita, sensuale. Dannatamente seducente.

20170815_144539La città, tra le grandi capitali europee, è ancora la meno cara, ma non si sa ancora per quanto. I prezzi, soprattutto delle case, crescono rapidamente, mentre il resto del paese è sempre meno disposto a pagare per una capitale che manda a lavorare meno del 40% della popolazione. La gentrificazione, quel fenomeno che riqualifica le città e che ne stravolge il tessuto sociale nella spirale di valori immobiliari sempre al rialzo, non solo non risparmia Berlino, ma ne ha fatto un caso da manuale: una gentrificazione 4.0, che si presenta con il volto umano, ecosostenibile e friendly ma che presto trasformerà anche i casermoni della Karl Marx Allée, di cui è stato chiesto l’inserimento nel patrimonio Unesco, in esclusivi alberghi, spa, shopping malls. Probabilmente trasformerà i piani alti in residenze artistiche, attici esclusivi e panoramici, e forse si preoccuperà di destinare almeno qualche seminterrato a “chi non ce la fa”. E’ un bene? E’ un male?

Fatto sta che fareste bene ad andare a Berlino, finché siete in tempo per coglierne ancora il suo particolare sex-appeal. In fondo ‘poveri ma belli’ è uno slogan che avevamo inventato noi, e pare fossero bei tempi, quelli.

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