Montepulciano e Brunello, derby del vino in Val d’Orcia
Storie di antiche e moderne rivalità tra contrade e grandi vini (dagli esiti non sempre prevedibili)
A Montepulciano gli spingitori di botti della Contrada Collazzi non hanno mai vinto il Bravio.
Lo scorso agosto, per la prima volta, sono a un passo dalla vittoria. In testa per tutta la gara, sulla salita finale di via Ricci lo spingitore Benassi ha un mancamento, il suo compagno Valentini bestemmia, la folla urla, la botte sbanda e si schianta contro un muro. Ne approfitta la Contrada Voltaia, che supera e rotola per prima la sua botte fino al sagrato del Duomo di santa Maria Assunta, in Piazza Grande: si aggiudicherà il bravium, il prezioso panno dipinto, anche stavolta. Nessun colpo di scena: anche quest’anno, per tutto l’anno, gli altri contradaioli imprecheranno Crolli la cripta con tutto i’ tribunale: la cripta del Gesù è la sede della Contrada Voltaia, che da anni ammazza il Bravio come la Juve fa col il campionato, e il tribunale è il tribunale, ovunque palazzaccio. Potessino crolla’ tutt’e iddue.
Nei comuni senesi, il gioco è una cosa seria. C’è stata un’epoca in cui giochi come il palio servivano a dare sfogo alla rivalità tra rioni per dargli almeno delle regole certe, perché affrontarsi in squadre con duri allenamenti, colori sociali, la benedizione di qualche santo o della madonna, un rettore e una confraternita era meglio che scannarsi nelle osterie in punta di coltello come maiali di cinta. Non che le competizioni fossero molto meno cruente. Una corsa su cavalli montati senza sella per le vie delle città era una corsa folle, i cavalli a velocità insensate facevano scintille scivolando sul selciato, i cavalieri si sfracellavano sui muri e le opposte fazioni si ammazzavano lo stesso. Anche il Bravio di Montepulciano, regolamentato fin dal 1373, dovette essere soppresso verso la fine del Seicento per motivi di ordine pubblico.
Così si ‘inventano’ i grandi vini
Succede allora che don Marcello, nel 1974, ha l’intuizione di reinventare la tradizione poliziana riproponendo una gara in forme meno aggressive; non più massacro di cavalli e cavalieri ma una competizione tra otto coppie di moderni Sisifo, una per contrada, che in salita non spingono massi col petto ma botti da 80 chili (vuote) con le mani, quelle in cui invecchia il Vino Nobile. Perché, come diceva il Redi già nel 1685, “Montepulciano d’ogni vino è re” e a Montepulciano negli anni ‘70 il vino sta per tornare protagonista. Una geniale trovata di marketing territoriale: anche l’altro grande vino di zona, il Brunello di Montalcino, si era visto riconoscere la DOC pochi anni prima, nel 1966. La Toscana è terra di grandi rivalità, di sfide epiche, di campanili, e a sfidarsi a tenzone non sono solo cavalieri e contradaioli, pure affratellati da forti radici comuni.
Tra tufi e argille di val d’Orcia e Valdichiana il vitigno Sangiovese Grosso regna. Certo, a Montalcino lo chiamano Brunello e a Montepulciano Prugnolo Gentile, ma qui pure sui nomi dell’uva si marcano differenze secolari, anche se il clone è lo stesso. I due vini hanno in comune la base di Sangiovese: in purezza il primo, minimo il 70 per cento il secondo, con l’ammissione di altre uve (dai nomi petrarcheschi: canaiolo, colorino, mammolo) a correggerne l’acidità ed esaltarne la freschezza. Tutti e due passano in botte e si affinano in bottiglia, ma la vera differenza sta in quanto bisogna aspettare per berli: almeno cinque anni il Brunello, anche solo due il Nobile, e questo incide sul corpo, sulla morbidezza e ovviamente sul costo. Ma il vino poliziano è più antico, menzionato per la prima volta in un documento del 789; è il preferito di Papa Paolo III, quello del Concilio di Trento, e a fine ‘700 diventa Nobile. Insomma, a Montepulciano il vino è Nobile di nome e di fatto.
La storia del Brunello in quanto prodotto specifico di Montalcino, che dista da Montepulciano solo 36 chilometri, è più recente e risale alla fine dell’800, quando Ferruccio Biondi Santi se lo “inventa”: lui, Ferruccio, nobile di idee liberali, garibaldino, è uno dei nuovi signori dello stato appena nato, ed ha testa e risorse per farlo. Avrà più successo, con un prodotto più d’elite, e alla Mostra mercato dei vini pregiati di Siena nel 1931 Tancredi Biondi Santi incontrerà anche 30 fiaschi di Adamo Fanetti, deciso a riportare in auge il Nobile. La competizione tra i due conquista la provincia sudorientale di Siena, che allora produceva per lo più Chianti, e la trascina in una nuova storia.
Con il dopoguerra si riparte. In Italia arrivano i disciplinari, il boom economico, la crisi del metanolo; e finalmente, il turismo enogastronomico, il biologico, lo slow food, la riscoperta dei territori, un po’ una moda ma anche un fatto di consapevolezza. E chi non è consapevole si arrangi: i turisti distratti, quelli di luglio e agosto, quelli che non distinguerebbero un Brunello da un Tavernello, meglio se stranieri, possono arrivare a pagare anche il doppio per un calice o una bottiglia. A settembre invece arrivano turisti Usa, tedeschi, francesi, sempre più russi e cinesi, di quelli accorti però, che partecipano alle vendemmie, fanno i corsi, assaggiano e poi ordinano on-line: a quelli non gliela racconti, almeno non come una volta, per fortuna. E ci mancherebbe altro: ormai l’intera zona ha una reputazione planetaria, il paesaggio è Patrimonio mondiale dell’Unesco dal 2004, ci passa la via Francigena, la Millemiglia, l’Eroica, c’è Pienza e il suo pecorino, la chianina, i tartufi, l’olio, le terme. Insomma, un orgoglio nazionale e dell’umanità.
Ogni tanto, vista la griffe di assoluta eccellenza, si affaccia un nuovo concorrente. Dal 2000 esiste anche l’Orcia DOC, sempre a base di Sangiovese, “il vino più bello del mondo”, più fresco e giovane: tenetelo d’occhio, per esempio all’Orcia Wine Festival, ad aprile. Potrebbe, col tempo, insidiare il primato degli storici contendenti.
Sorprese e colpi di scena
E immaginando la competizione tra i grandi vini senesi come una rivalità tra amanti, Gil Kulers, famoso sommelier Usa, ha scritto una lettera aperta al Brunello per dirgli che aveva riscoperto il Nobile, e che tutto sommato lo preferiva. Dopo una serie di considerazioni, la lettera terminava così:
“Brunello, spero che possiamo ancora essere amici. Non esiterò a ordinarti per le occasioni speciali, ma non posso farlo sempre. Per essere onesti, sei diventato un po’ caro nel corso degli anni. Ti ricordi quando costavi 30 dollari? Brunello, sei stato il migliore. Terrò sempre un posto speciale per te nella mia cantina”.
D’altronde anche le storie d’amore, come le competizioni, come il Palio di Siena e il Bravio delle Botti, e nonostante quelli della Contrada Voltaia, possono sempre avere un esito imprevisto.