Goteborg, ombre lunghe e luci di Svezia
Un tempo, tutti gli italiani avevano almeno un amico che sosteneva di esser stato in Svezia a bordo di una Cinquecento. Lì aveva generalmente incontrato una o più donne bionde e bellissime che lo avevano implorato di restare; lui ci aveva seriamente pensato, perché anche se in Svezia fa buio sei mesi l’anno, tutto funziona e si trova subito lavoro. Ma era inspiegabilmente tornato in Patria, lasciando cuori infranti; e al bar, per dimostrare i suoi improbabili racconti, esibiva agli scettici amici una sbiadita foto scattata con la Polaroid.
Oggi sappiamo che la Scandinavia è ai vertici delle classifiche Onu sui paesi più felici al mondo e che l’invidiato sistema di protezione sociale scricchiola, ma resiste. Come ha scritto il cabarettista Magnus Betner, pensiamo alla Svezia come a “una nazione di belle persone che cantano canzoni felici in appartamenti modernisti eleganti”, oppure, per l’Observer, “un paese con le tasse al sessanta per cento e dove tutti sono felici di pagarle”. E il cambiamento climatico l’ha resa anche una meta ideale per le nostre vacanze estive, ora che da noi si soffre un caldo sempre più torrido.
Goteborg, seconda città della Svezia, è un interessante punto di osservazione sul mondo svedese e scandinavo.
Goteborg, centro delle rivalità scandinave
Grandi conquistatori, gli scandinavi. Nell’alto medioevo i danesi proiettati verso Inghilterra e Francia (la Normandia porta ancora nel nome la loro presenza), i norvegesi verso Islanda, Groenlandia e Nordamerica; gli svedesi, egemoni nel baltico e verso sudest, arrivarono perfino a fondare Kiev, e noti come ‘Rus’ perché rossi di capelli e di barba, a dare il loro nome all’intera Russia, nientemeno. E’ chiaro che i rapporti tra tutti costoro non siano sempre stati semplici, e oggi le barzellette prevedono un norvegese rozzo e sempliciotto, un danese caciarone e inaffidabile, e uno svedese rigido e prepotente. Mentre Stoccolma regna nel baltico e guarda verso la Finlandia, che è sempre stata una sorta di colonia svedese, Goteborg è situata al centro geografico delle storiche rivalità scandinave.
Per questo si decide di fondarla, nel 1621: una fortezza e un borgo sul fiume Göta (per la cronaca, di queste parti erano stati originari anche i goti, molto tempo prima) per proiettare i commerci verso occidente e proteggerli da danesi e norvegesi. E tanto si guardava a occidente, che per progettare il sistema difensivo di canali e fossati vennero chiamati ingegneri militari olandesi: passeggiando per la città, pare ancora di sentirla, una certa aria alla Vermeer.
Una città giovane e raffinata. E divertente
Goteborg è città giovane di storia e di popolazione, città universitaria ma anche capitale industriale della Volvo, cosmopolita, vivace, elegante (detta talvolta anche “la piccola Londra”). E raffinata: un aggettivo assai utilizzato dalle guide, che ti viene in mente guardando il portamento dei gotemburghesi per strada, le raffinate boutique (sono lontani i tempi dello svedese con i sandali e i calzini bianchi) e i negozi di raffinato design, i caffè e i ristoranti: anche l’offerta culinaria tradizionale è stata oggetto di un’attenta -e raffinata- rivisitazione. Una città divertente, in cui le attrazioni più gettonate sono lo storico parco dei divertimenti Liseberg, dal 1923 il più grande di tutta la Scandinavia (e nel 2005 il migliore al mondo, secondo Forbes), e l’Universeum, “il museo per bambini più bello di tutta la Svezia”. Una città di primati.
Haga è il quartiere più antico, dove abitavano gli operai che nel ‘600 scavavano canali e dove oggi sono i locali più alternativi e di tendenza della città. Negli anni ’60 e ’70 era il quartiere hippy: forse, tra gli edifici dai muri in mattoni e i tetti in legno, sarà pure passato qualche italiano in Cinquecento, con delle ragazze bionde che sbucavano dal tetto apribile, cantando a squarciagola Gloria o Sarà perché ti amo (e che non capivano perchè l’italiano ridacchiasse ogni volta che loro gli proponevano un caffè. Forse perchè in svedese si dice fika).
A Goteborg ci sono anche: la Feskekörka, la ‘Chiesa del Pesce’, un mercato ittico in forma basilicale, dove ogni tanto qualcuno si vuol sposare (imperdibili le crépes di gamberetti), musei di tutti i tipi (dal museo della Volvo a quello del design, il Röhsska museum; dallo Sjöfartsmuseet, che racconta la storia della potenza marittima svedese, ai quattro piani di arte contemporanea del Röda Sten, realizzato in una centrale elettrica dimessa; e così via); il frequentatissimo parco Trädgardsföreningen, con le sue bianche serre ottocentesche, il roseto più grande d’Europa e una notevole collezione di camelie. E svedesi di tutte le razze sui prati, con tanti passeggini.
Pare quasi che qui ci si sia dedicati a trarre il massimo da ogni piacere della vita, per farne riserva nei periodi in cui l’alternanza tra luce e tenebre ti metterà a dura prova.
Luci e colori del nord
La luce baltica, bianca e tagliente, in primavera e in estate rende tutti i colori brillanti. La guardi esaltare i rilievi delle facciate secentesche, e gli ottocenteschi magazzini in mattoni del porto, l’erba dei prati lungo i canali, le vie acciottolate dei quartieri del centro. Ma se esci dalla città, in un attimo ti trovi nel Bohuslän, in un paesaggio aspro e suggestivo fatto di isole e di fiordi, oppure nel Dalsland, tra laghi e foreste. Ovunque magnifiche case in legno, senza recinzioni e dalle grandi vetrate, dipinte di Rosso Falun, il colore ottenuto da ossido di rame e ferro, farina di segale e olio di lino; un colore assai svedese, che da qui gli emigranti dell’ottocento si sarebbero portati fino alle fattorie del Delaware, del New Jersey e della Pennsylvania.
Verso la fine dell’estate, tornando a Goteborg dalla costa del Bohuslän, lungo le strade più sicure del mondo, le ombre cominciano ad allungarsi e il rosso delle case si fa più cupo. Nei supermercati h/24 i single svedesi fanno scorte di vino e prodotti italiani; più di qualcuno, anche di vitamina D e B12, e di antidepressivi. Il Paese Più Felice d’Europa si prepara al lungo buio invernale.