Il Gran Dorso d’Italia parte II: Lucania e Pollino
Siamo partiti per il Gran Dorso d’Italia dal Molise, attraversando la terra di Sanniti e Longobardi fino alle porte della Lucania: trovi l’itinerario qui
Nelle terre di Federico II
Anche gli Hohenstaufen, la famiglia di Federico II, hanno trovato qui in Lucania qualcosa che gli ricordava la Svevia, che poi starebbe in Baviera. Perché stupirsi? Dal Vùlture, oltre che l’Aglianico doc, viene anche l’8% delle acque minerali d’Italia, e la razza bovina podolica, che dà il latte con cui si fa il famoso caciocavallo. Boschi di castagni, faggi, querce; e vigneti. Tutto è verde.
Ma il passaggio alla Murgia potentina è segnato da un deciso stacco cromatico, e l’ambientazione federiciana rimanda a storie di templari e di cattedrali romaniche. Il paesaggio ora si apre e si accende di un giallo iranico che par di stare in Palestina, i rari centri abitati sono in cima a colli solenni, sopra i quali svetta il castello come nelle fiabe, e sopra ancora volano i falchi, nel silenzio. La notte ti accorgi quanto si è rarefatto l’elemento umano: le uniche luci, compatte, sono quelle di Melfi, Venosa, Forenza, Acerenza; ma il resto è nero di notte e di campi bruciati, le uniche luci quelle dei fuochi e qualche masseria sperduta. E si vede anche la Via Lattea. Forse ai templari qui ricordava la Terra Santa.
Dolomiti a mezzogiorno
Se siete in macchina, concedetevi capricci interpoderali. A Pietragalla vi imbatterete nei palmenti, bizzarre architetture rupestri del ‘500 usate per la vinificazione, a Maschito potrete incontrare le storie arbereshe di sant’Elia, a Ripacandida il rafano, il ‘tartufo dei poveri’; a Castel Lagopesole Federico II, Stupor mundi, in persona. Poi, superando Potenza, nuovo colpo di scena paesaggistico-ambientale: le Dolomiti Lucane. Si tratta di incredibili torrioni di arenaria, scolpiti nelle fogge più capricciose dal tempo, che si fanno ora montagne, ora muri a secco, ora borghi medievali, ora riserva naturale (sentieri nel Parco di Gallipoli-Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane). Ma se tra un pinnacolo e l’altro ci tendi un cavo d’acciaio ti ci puoi anche appendere, e a 120 km all’ora planare da Castelmezzano a Pietrapertosa per 40 euro: è il Volo dell’Angelo (prenotate, le file sono lunghe).
Dove Cristo non è mai stato
Per riprendervi da quel luna park calcareo un po’ chiassoso, raggiungete Aliano in laico pellegrinaggio. Qui venne confinato Carlo Levi. Qui scrisse Cristo si è fermato a Eboli, tra straordinari calanchi e il ciglio di burroni di argilla grigia, e qui prestò la sua opera di giovane medico torinese a gente annerita da ogni secolare forza maggiore, nella Basilicata ancora borbonica degli anni ’30. La sua presenza aleggia, tra le case fantasma che precipitano nel vuoto (Craco, abbandonata nel ’63 per una frana, è imperdibile), e rende la solitudine del luogo ancora più evocativa. Se tutto questo vi sembra eccessivamente poetico, o abbacinante, o troppo suggestivo, ricordate di mangiare gnumariedd’ e peperoni cruschi di Senise, come fa ad proprio ad Aliano Rocco Papaleo in Basilicata coast to coast (eh si, era impossibile non citarlo almeno una volta).
Siamo ora vicini al mare, e avevamo detto che il nostro Gran Dorso d’Italia se ne sarebbe tenuto lontano. Però se ve la sentite di impattare per un attimo l’anarchia della costa italiana e il suo disordine urbanistico, potreste fare una puntata a Metaponto, visitare gli scavi e immaginare i coloni greci che dall’VIII sec. arrivarono sullo Ionio, trovandolo così paradisiaco da fondarci anche Eraclea e Sibari. Ma questa è tutta un’altra storia: e in caso voleste rinfrescarvi noi piuttosto vi consigliamo, per coerenza con le atmosfere sin qui praticate, di raggiungere piuttosto il grande lago generato dalla diga di Monte Cotugno, di affittare una canoa e di pagaiare guardando verso il Pollino.
Sulla vetta di Apollo
Il Pollino è l’apoteosi del Gran Dorso, e della catena appenninica che vertebra l’Italia peninsulare.
A dispetto dell’apparente riferimento avicolo, il nome Pollino deriva da Apollo. Aulico, maestoso, misterioso; un luogo di silenzio, di lupi, di pini loricati, di aquile reali. Lasciate la macchina. Dopo due ore di salita, a Serra delle Ciavole si arriva a un luogo chiamato Grande Porta del Pollino. Lui, il monte, è lì che vi aspetta, monumentale e grave, con alla sua sinistra Serra Dolcedorme e a destra Serra del Prete, altri tipi antichi e austeri; e tutti e tre vi fissano. Forse devono decidere se siete all’altezza di proseguire. Si parlano tra loro, voi interpretate il volo dei falchi per capirne il volere: decidete di proseguire, per altre tre ore. Roba da brividi.
Forse sulla cima, ripensando a tutto il vostro viaggio, alla meraviglia che da Venafro in poi vi si è incollata agli occhi e non vi ha più lasciati, e dite la verità, non ve lo aspettavate, sotto il crocifisso prenderete in mano il Libro di Vetta. E lì, guardando dall’alto il Gran Dorso d’Italia, avrete voglia di dedicare un verso al dio della Poesia.