Perchè visitare il Belgio. Viaggio nello specchio d’Europa

Visitare il Belgio

Del Belgio ormai tutti sanno che è il paese della birra, delle praline e di Bruges, oltre che di Magritte e del surrealismo; e di Bruxelles, dove si decidono le sorti d’Europa. Ma capita ancora di sentir chiedere da qualche amico italiano che lingua sia il ‘belga’; e qualcun altro sostenere che, al pari del Molise, il Belgio non esista. Ma dov’è esattamente il Belgio, e cosa ci fanno lì i belgi, oltre ad ospitare un certo numero di eurocrati, di connazionali italoemigrati e a mangiare patatine fritte? Perché lo dovreste visitare?

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Il Belgio: un paese, tanti paesi

Intanto la lingua belga, come quella svizzera, non c’è. Nel nord, le Fiandre, parlano una sorta di olandese, il fiammingo; nel sud, la Vallonia, un francese in cui però si dice ‘novantatrè’ e non ‘quattro-volte-venti-più-tredici’; c’è perfino una piccola parte dove si parla tedesco. Perché allora sprecar tempo a fare il Belgio, che c’è fin dal 1830? Non si potevano lasciare i fiamminghi con i Paesi Bassi, i valloni coi francesi eccetera? Prima sorpresa: che siano francofoni o neerlandofoni, i belgi sono accomunati dalla cultura latina. Amano mangiare e bere bene assai più dei cugini di Amsterdam; sono cattolici e non protestanti, con una idea del piacere, del peccato e della ricompensa che ci suona assai familiare; hanno un certo gusto per la polemica surreale e almeno quattro parlamenti. Bruxelles è ormai una città-mondo anche più di Parigi, ma si dà molte meno arie; tutti i belgi parlano correntemente almeno tre o quattro lingue, eppure stanno bene nelle loro città medio-piccole: un curioso mix di provincialismo e cosmopolitismo. I francesi, che credono di non essere per niente provinciali, raccontano sui belgi barzellette come una volta si faceva da noi sui Carabinieri.

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Le città del Belgio, tra medioevo e innovazione

Perché raccontare il Belgio partendo dai belgi? Perché un paese lo fanno i suoi paesani: e così vi sarà più facile capire i canali di Gent Brugge, (‘Venezia del nord’) dove nel trecento si inventava la borsa valori e ci arrivavano merci da tutto il mondo, con le cattedrali gotiche fiammeggianti e le casette in mattoni rossi; capirete che anche Bruxelles era così, ma poi dovettero costruire una grandiosa capitale artificiale per un paese artificiale e industriale, e allora giù a demolir case e chiudere canali, un po’ come a Milano; però dimenticandosi ogni tanto qualche angolo di medioevo, con un effetto metafisico e straniante (ma la vera Milano del Belgio, oppure la Berlino di Fiandra, è Anversa, secondo porto d’Europa, dinamica città d’arte e moda). E non essendo Bruxelles né Parigi né Londra nè Bonn, era il luogo ideale per metterci le istituzioni europee senza che nessuno se la prendesse troppo (i tedeschi il Belgio l’hanno occupato due volte in trent’anni, per poter meglio invadere la Francia; e anche da questo si capisce perché fu creato uno stato-cuscinetto).

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Però non trascurate anche voi la parte francofona: anche se le previsioni del tempo fiamminghe non vi diranno mai che tempo fa al sud e viceversa, ci sono autentiche perle, meno inflazionate dei circuiti del nord, come Dinant e Namur, che si specchiano lungo la placida Mosa, come le antiche abbazie delle Ardenne, dove andar per boschi e ‘montagne’ (altezza massima circa 600 m) e fare il tour delle birre trappiste (consigliatissimo: come le famose Chimay e Orval), come Liegi, soprattutto durante la delirante festa di Outremeuse il 15 agosto, o i parchi minerari di Charleroi, una sorta di Detroit dell’Europa carbonifera dismessa.

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Visitare il Belgio: mondo in piccolo ed essenza d’Europa

Venezia, Milano, Berlino, Parigi: noterete quante volte, per descrivere il Belgio, si è ricorsi a paragoni con altri luoghi. Allora ha ragione chi dice che il Belgio non esiste?

No, il Belgio esiste davvero e contiene un po’ tutto il mondo, dai mercanti di spezie veneziani e i banchieri genovesi del medioevo, fino al controverso Zwarte Piet, assistente nero di Santa Claus, che viene dall’ex Congo belga; e ai Diavoli rossi di Eden Hazard e altri giocatori di origini turche, marocchine, congolesi e polacche, che agli ultimi mondiali hanno sconfitto il Brasile. Ma qui è essenza d’Europa, collage di frammenti di cultura latina e germanica, paese dove si mangia e si beve stellato e succedono cose interessanti, senza che nessuno se la tiri tanto. E se un fiammingo linguisticamente non s’intende con un vallone – recriminando su ordini militari impartiti solo in francese durante la Grande Guerra, un argomento che ancora tiene banco – magari si troveranno d’accordo, seduti a una terrasse, con wafel, pannekoeken e birra triple.

Come in un quadro di Breugel il Vecchio.

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