Khashoggi fatto a pezzi con una sega
I turchi sostengono di aver trovato le prove dell’omicidio, ma per gli Usa e Riad la via d’uscita sarebbe quella di dare la colpa ad «agenti fuori controllo».
Il giornalista saudita Jamal Khashoggi, scomparso 8 giorni fa dopo essere entrato nel Consolato del suo Paese a Istanbul, sarebbe stato fatto a pezzi con una sega dentro l’edificio da agenti dei servizi di Riad, “come nel film Pulp Fiction”. I suoi resti sarebbero quindi stati portati fuori nascosti dentro un minivan nero.
I turchi, intanto, incalzano sostenendo di aver trovato prove dell’omicidio del giornalista all’interno del consolato saudita a Istanbul. Tra le molte ricostruzioni c’è quella che fornisce questa sequenza: gli agenti lo avrebbero aggredito non appena è entrato nell’edificio, quindi è stato drogato, infine spinto nella stanza del console dove ha subito un duro pestaggio. Dopo soli sette minuti sarebbe spirato.
Una delle domande chiave è se il commando volesse solo rapire il giornalista dissidente e qualcosa sia andato storto. Secondo fonti della Cnn, i sauditi starebbero preparando un rapporto che conferma questo scenario e che potrebbe scaricare la responsabilità su una cellula di «servizi deviati», promettendo che i responsabili verranno puniti. Il New York Times, citando fonti anonime, ha aggiunto un dettaglio chiave: l’ordine di interrogare Khashoggi in modo deciso è arrivato da un funzionario molto vicino al principe Mohammed che aveva anche autorizzato il sequestro, ma lo 007 avrebbe finito per uccidere il giornalista spingendosi oltre le disposizioni ricevute.
Secondo lo stesso giornale, sarebbero almeno cinque le persone sospettate dalle autorità turche di essere coinvolte nella sparizione del dissidente saudita, 4 di loro collegate al principe ereditario Mohammed bin Salman. Una delle persone identificate sarebbe un frequente accompagnatore del principe, visto con lui a Parigi e Madrid e fotografato con Mohammed durante le sue recenti visite negli Usa. Altri 3 sospettati sarebbero invece collegati alla scorta che si occupa della sicurezza del principe.
Il ministro degli Esteri ha alzato i toni sostenendo che da Riad, fino ad oggi, non sono giunte spiegazioni nette e chiare. Quindi ha aggiunto che gli interrogatori dei sauditi coinvolti dovrebbero svolgersi in tribunale e non nella rappresentanza.
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