Tagli e austerità dietro al dramma dell’incendio ateniese

Lo sguardo pigro e assorto del vacanziere volge alle colline a nord, principio d’incendio all’orizzonte. È uno sguardo distratto, disinteressato. Nel giro di mezz’ora gli stessi occhi saranno intrisi di paura, accecati dal fumo e dal terrore in una fuga disperata per aggrapparsi alla sopravvivenza.

I racconti dei sopravvissuti al terribile incendio che ha sconvolto la Grecia sono difficili da sopportare: storie di vite umane spezzate, famiglie distrutte, fuoco da una parte e acqua dall’altra, due elementi che in certe situazioni si rivelano assai ostili per l’uomo.

Un centinaio di morti e 500 feriti mentre ancora si fa la conta dei dispersi. Due località marittime totalmente rase al suolo dalle fiamme, Mati e Rafina. Strade ricoperte di cenere e occupate dagli scheletri carbonizzati delle auto in fila, le stesse che nel momento di panico avevano tentato la fuga. Senza successo. Colpisce il numero degli incendi, 300, divampati in un lasso temporale strettissimo in numerose aree dell’Attica. La più grande tragedia provocata dai roghi dal 2007 a oggi.

Mentre il Paese elabora il lutto partono le prime indagini sull’eventuale matrice dolosa degli incendi: sono in molti a scartare l’ipotesi che si sia trattato di un fenomeno puramente casuale, la natura dolosa dei roghi è rivendicata da più parti in maniera molto decisa: «i roghi si sono sviluppati da 15 punti in modo simultaneo su tre fronti» afferma Dimitris Tzanakopoulos, portavoce del Governo greco. È indubbio che i forti venti (oltre 100 km/h) registrati nella penisola ellenica durante le giornate di lunedì e martedì abbiano contribuito all’acuirsi del dramma: è tuttavia impensabile che un numero così alto di incendi nelle stesse ore sia il frutto di una banale casualità.

Di certo non sono casuali i messaggi di aiuto intrisi d’ipocrisia di alcuni leader europei. L’Unione Europea, è ben noto, sa essere straordinariamente melodrammatica nei momenti di dolore e tragicamente incurante in quelli di ordinaria amministrazione. La Grecia è stata affamata dai programmi di aiuto del Fondo Monetario Internazionale e di Bruxelles, 14 manovre di austerità in pochi anni, costretta a tagli lacrime e sangue mentre la stampa di mezzo continente infangava con metodi subdoli l’onore del suo popolo etichettandolo con appellativi offensivi e dispregiativi. È la stessa stampa che oggi si spertica nel cordoglio e nella solidarietà, un termine (va ricordato) che nell’Unione Monetaria Europea non esiste.

Federico Fubini, firma di punta del Corriere della Sera, ricorda in un articolo del 25 luglio che l’ultimo taglio ai vigili del fuoco del paese ellenico è arrivato grazie al quattordicesimo pacchetto austerità, 34 milioni di euro. Federico Fubini. Giornalista che in questi anni non si è di certo sperticato nel tentativo di diffondere verità in difesa del popolo greco.

«è difficile dire oggi se quell’ennesima sforbiciata su un’infrastruttura civile del Paese spieghi, almeno in parte, ciò che riferiscono alcuni testimoni dall’area più colpita dalle fiamme: a lungo non si è visto nessun intervento, niente elicotteri o aerei antincendio, nessun piano di evacuazione» è difficile ma non è neanche escludibile apriori.

Nel febbraio 2017 migliaia di vigili del fuoco hanno manifestato in Piazza Syntagma per protestare contro i tagli al personale e ai mezzi: 4000 esuberi su 12000 unità, poi il dietrofront del Governo greco con la riassunzione di circa la metà di coloro che erano stati fatti scadere.

Nei primi momenti di panico le persone in difficoltà hanno lamentato un evidente ritardo nei soccorsi: sono passati 120 minuti prima di vedere i primi interventi contro le fiamme.

Mercoledì sera un vigile del fuoco ha postato su facebook la sua busta paga e un messaggio chiaro: “15 stagioni in servizio come capitano dei vigili del fuoco, con 652 euro di stipendio, lascerò la mia anima e il mio ultimo respiro in servizio se necessario… voglio offrire la mia casa al villaggio di kastania”.