Due mamme per un figlio: l’anagrafe non riconosce il bambino
Due mamme per un figlio: l’anagrafe non riconosce il bambino
L’anagrafe di Torino non può registrare Niccolò Pietro. Al bimbo manca un papà, ma le mamme si rifiutano di dichiarare il falso.
Niccolò è nato il 13 aprile in una clinica danese. Figlio di Chiara Foglietta, consigliera comunale di Torino, e Micaela Ghisleni, è stato concepito grazie alla fecondazione eterologa. Il padre biologico ha donato il proprio seme, ma non se ne conosce l’identità, e questo, per l’anagrafe di Torino, è un problema.
Quando, quattro giorni dopo il parto, le madri si sono recate all’ufficio anagrafe per registrare il bambino, si sono sentite rispondere che per farlo occorreva il nome di un uomo. Il Comune, infatti, oltre ad aver rifiutato di ricevere il riconoscimento del figlio dalle madri, non ha potuto ricevere la dichiarazione di Chiara che il bambino è stato concepito a seguito di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo con gamete maschile di donatore anonimo. Questo perché l’anagrafe usa le formule previste dal Ministero nel 2002, che ignorano la procreazione assistita. Il legale della coppia, l’avvocato Alexander Schuster, ha spiegato che l’anagrafe obbligherebbe coppie di sesso diverso, o donne senza partner, a dichiarare che la nascita deriva da un’unione naturale con un uomo, di cui si può anche non fare il nome, specificando che il padre non sia un parente e che non rientri nei gradi di parentela vietati dall’ordinamento.
Le due mamme si sono rifiutate di dichiarare il falso in atto pubblico, sia per non esporsi alle gravi conseguenze penali, sia per onorare l’impegno assunto dando alla luce Niccolò. Micaela Ghisleni ha dichiarato: “ho fortemente voluto questo figlio insieme a Chiara. Mi sono assunta l’impegno e le responsabilità proprie di un genitore nel momento stesso in cui ho firmato l’atto per il consenso alla PMA nella clinica danese. E’ un impegno che voglio e devo onorare, come scelta consapevole e volontaria di nove mesi fa”. Chiara Foglietta, invece, sottolinea come negando loro la possibilità di inserire dichiarazioni veritiere nell’atto di riconoscimento, si nega al figlio il diritto ad una identità reale, il diritto di conoscere l’insieme degli eventi che hanno determinato la sua esistenza.