Studentessa si lancia dal tetto dell’ateneo: quando gli esami diventano una questione di vita o di morte

È il fatidico giorno. Quello atteso per anni da qualsiasi universitario: la discussione della tesi. Non per Giada, però, che si è anche vestita bene per l’occasione, e attende l’arrivo della famiglia e del fidanzato.

Ha 26 anni, Giada De Filippo, studentessa fuorisede di Scienze Naturali all’Università di Napoli. Si trova in uno degli edifici dell’ateneo, a Monte Sant’Angelo, quando è in attesa dell’arrivo del padre, della madre, del fratello e del fidanzato, che la stanno raggiungendo per festeggiare insieme il traguardo più ambito, la laurea, che, si sa, arriva a coronamento di un sogno e pone fine ad un sacrificato percorso di studi. Il corridoio è affollato di studenti febbricitanti in preda ad un misto di ansia da prestazione e voglia di festeggiare, negli occhi dei parenti la soddisfazione. Ognuno attende di essere chiamato dalla lista dei laureandi che dovranno di lì a breve discutere la tesi, e i primi si aspettano che il proprio nome sia pronunciato da un momento all’altro con voce stentorea. Ma Giada no. Giada sa che il suo nome in quella lista non c’è, che nessuno lo pronuncerà, e che lei, al tavolo di chi discute la tesi, non ci si siederà mai, o almeno per quel giorno. In mezzo a quella confusione, di voci e di pensieri, Giada riceve una telefonata: è il fidanzato; le ha comprato un mazzo di fiori, e le chiede dove poterla raggiungere, insieme ai familiari. Lei lo ringrazia, più volte, e gli chiede se la vede. Continua a ringraziarlo. Poi, probabilmente, si rende conto di non avere più tempo e modo di mentire, agli altri e a se stessa, e allora decide. Sale fin sopra il tetto dell’edificio universitario e si lancia nel vuoto. All’arrivo dei soccorsi Giada è già morta.

 

Questo non è l’epilogo di un’opera teatrale di drammaturgia, questa è la vita di una giovane ragazza, rimasta vittima di un grande inganno. Da quanto è emerso sembra che Giada non avesse terminato il ciclo di esami, ma siamo sicuri che ad ucciderla siano state le sue bugie? La verità non la sapevano i suoi parenti, che l’hanno raggiunta credendo di festeggiare, ma forse non la sapeva neanche lei, perché ha creduto che non ci potesse essere rimedio alla situazione, perché ha misurato tutto il suo valore con il metro delle ossessioni sociali, quello dell’ambizione esasperata che degenera in competizione senza misura, quello che ci rende “macchine perfette” e ci toglie l’umanità, che spegne lo spirito, che ci sporca le ali. Non è la prima volta che un giovane si toglie la vita perché non regge il peso di questa grande bugia della società. Guido Saraceni, docente di filosofia del diritto ed informatica giuridica presso l’Università di Teramo, in una lettera postata su Facebook rende bene il senso di questo grande inganno che falsa le aspettative degli studenti: “l’Università non è una gara, non serve per dare soddisfazione alle persone che ci circondano, non è una affannosa corsa ad ostacoli verso il lavoro. Studiare significa seguire la propria intima vocazione. Il percorso di studi pone lo studente davanti a se stesso”.

Giada era molto di più, ma non lo sapeva.

 

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