L’odore assordante del bianco, Alessandro Preziosi sul filo della follia di Van Gogh

“Il bianco è il suono di un silenzio che, improvvisamente, riusciamo a comprendere. È la giovinezza del nulla, o meglio, un nulla prima dell’origine, prima della nascita”. Così Vassily Kandinskij definiva il bianco ne Lo spirituale nell’arte, fondamentale testo in cui il pittore russo esponeva le sue teorie sull’uso del colore, intravedendone un nesso strettissimo con la dimensione spirituale. In Cromoterapia il bianco è utilizzato infatti per attenuare la sensazione di solitudine, chiarire le idee, trasmettere sensazioni di libertà e alleviare la tensione emotiva, ma al contrario di ciò che comunemente si pensa, il bianco è tutt’altro che il colore del vuoto e del nulla, è anzi “la somma di tutti i colori” poiché, in sostanza, li contiene tutti. Ma cosa può voler dire per un artista come Vincent Van Gogh, che ha fatto dell’uso dei colori primari e vivaci la sua potente cifra stilistica, essere per mesi completamente circondato dall’acromatismo? Lo spettacolo Vincent Van Gogh. L’odore assordante del bianco in scena al Teatro Eliseo fino al prossimo 4 marzo, indaga proprio lo stato d’animo del pittore nell’ultima fase della sua vita, quella in cui si trovava rinchiuso nell’austera stanza del manicomio di Saint-Paul, completamente priva di ogni colore.

Vincent Van GoghLo spettacolo, prodotto da Khora Teatro e diretto da Alessandro Maggi su testo di Stefano Massini, sintetizza la tormentata vicenda esistenziale del pittore, collocandolo all’interno dell’ospedale psichiatrico in cui Van Gogh si fece volontariamente ricoverare l’8 maggio 1889, in seguito alla crisi che lo portò ad amputarsi l’orecchio. Recluso in un luogo in cui il colore viene completamente negato perché considerato eccitante per personalità psicotiche o isteriche, il pittore olandese, interpretato da uno straordinario Alessandro Preziosi, trascina lo spettatore in un universo in cui risulta difficile distinguere tra verità e finzione, tra follia e lucidità. Per tutto il tempo ci si chiede se il serrato dialogo con il fratello Théo, suo unico e costante sostegno emotivo, sia solo frutto dell’immaginazione di Vincent, o se il suo disperato tentativo di uscire dal manicomio abbia davvero un interlocutore. È così che gli appassionati dialoghi interiori, i ricordi e le allucinazioni si alternano ai dialoghi reali con gli infermieri, con lo spietato medico e con l’illuminato direttore che cerca di sperimentare nuovi metodi terapeutici.

Vincent Van GoghNel testo di Massini Saint-Paul è un inferno in cui è vietato leggere e dipingere, mentre in realtà la storia dell’arte ci racconta che durante le 53 settimane d’internamento, Van Gogh dipinse ben 150 tele tra cui capolavori come Gli Iris e La Notte Stellata. Questa voluta negazione pone l’attenzione sul ruolo dell’artista nella società, sulla sua necessità di esprimersi e, con più ampio respiro, sull’enigma stesso dell’arte. Uno spettacolo che fa riflettere sul Van Gogh uomo: non solo l’artista incompreso da vivo e osannato da morto, ma soprattutto un essere umano fragile, dallo stato d’animo perennemente tormentato e angosciato. Una disperazione ben espressa dal dipinto Campo di grano con volo di corvi che compone la scenografia completamente bianca: uno degli ultimissimi quadri realizzati dal pittore, uno straziante grido di dolore accentuato dal ritmo vorticoso delle pennellate, mediante cui l’artista proiettò tutta la propria incontenibile dimensione di sofferenza. Un cielo cupo carico di tempesta, presagio di lutto e di quello che sarà il tragico epilogo dell’inquieta esistenza di Vincent van Gogh.

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@vale_gallinari