Rimborsopoli: stampa unita contro il M5S
Rimborsopoli- E’ scoppiato il finto caso “rimborsopoli” con cui la stampa italiana sta attaccando, a nostro avviso senza senso, il M5S. Del resto in una campagna elettorale così squallida, fatta di scemenze sparate a raffica da ogni dove, in cui orde di dementi travestiti da politici raccontano solo menzogne, ci mancava il finto caso in questione per completare l’opera. Vediamo i titoli surreali della stampa italica. Il Corriere Della Sera titola: “M5S, un buco da 1,4 milioni”. La Repubblica: “Rimborsi, lo scandalo scuote il M5S”. Il Tempo è assolutamente geniale nel titolare: “Onestà, ma ‘ndo sta”. Sulla stessa falsariga Il Giornale che si esibisce con un “Disonestà, disonestà”, “fine del sogno a 5 stelle”, roba da Pulitzer insomma. Quelli del Gazzettino del Mezzogiorno, che di delinquenti veri ne dovrebbero sapere qualcosa, parlano di “Rimborsopoli a 5 Stelle” e sotto “l’ira di Di Maio: via tutte le mele marce” poi una battuta di Renzi sul candidato premier del M5S: “Mi sembra Craxi con Mario Chiesa”. Ecco per spiegare questa storia si potrebbe partire dalla battuta assolutamente disonesta intellettualmente dell’ex presidente del consiglio, a cui piace raccontare balle.
I grillini una volta eletti dissero che avrebbero versato una parte dello stipendio e dei rimborsi di cui godono come deputati, senatori o consiglieri regionali. Non essendo possibile la restituzione pura e semplice per motivi burocratici i politici del M5S decisero di creare un fondo per finanziare la microimpresa. Bene è saltato fuori che alcuni deputati o senatori o non hanno adempiuto alla promessa o lo hanno fatto solo in parte. Su un totale che si aggira intorno ai 25 milioni pare che manchi all’appello una cifra che balla tra il mezzo milione e il milione e mezzo. Quindi qualcuno ha fatto il furbo, forse proprio uno di quelli che è in rotta col movimento ed ha già annunciato di non ricandidarsi.
Ovviamente se un parlamentare del M5S non versa una parte del suo stipendio o dei rimborsi non commette nessun reato ne alcun illecito. Lo stipendio dei parlamentari è stabilito dalla legge e i titolari ne hanno diritto, quindi il gesto di “restituire” una parte dello stipendio andrebbe tecnicamente definito come donazione dato che non si tratta di restituzione visto che lo stipendio del parlamentare è garantito dalla legge. Il parlamentare del M5S che non versasse nemmeno un centesimo al fondo per la microimpresa non commetterebbe nessun illecito, ma solo un gesto di sfida politico ai propri elettori ed al movimento stesso.
Gli slogan sull’onestà di quelli che sembrano sempre più giornali di regime sono pura e semplice fuffa. Gli stessi giornalai erano quelli che parlavano di giustizia ad orologeria quando altro genere di politici ricevevano avvisi di garanzia per associazione mafiosa e squisitezze simili. Torniamo alla battuta del pinocchio Renzi: Mario Chiesa venne arrestato mentre pagava una tangente ed aveva in mano delle belle mazzette di banconote, il tutto mentre era ripreso da telecamere delle forze dell’ordine. Venne beccato coi quattrini in mano. Ammise da subito la propria colpevolezza e già che c’era spiegò ai giudici, per filo e per segno, come funzionava la corruttela politica, ma la corruttela e la disonestà quelle vere, quelle descritte nel codice penale per capirci.
Forse stavolta addirittura uno come Di Maio potrebbe avere ragione nel dire “In un paese normale la notizia sarebbe che abbiamo rinunciato ad una parte dei nostri stipendi per creare un fondo che sta aiutando migliaia di imprese” e non che qualcuno, ma proprio pochi, ha fatto il furbo trattenendo uno stipendio cui ha diritto, aggiungiamo noi.