Thyssen Krupp: nuova tragedia a Torino

Corsi e ricorsi storici di una tragedia che, a 10 anni di distanza dalla strage Thyssen Krupp, commemora il triste anniversario della memoria con l’ennesima fatalità. A nulla è servito il nuovo “modus operandi” di un’azienda storica che, reduce dal chiassoso passato fordista, si è lasciata sedurre dalla stucchevole economia del loisir. Perché a fare il marchio di fabbrica non è il logo o il prestigio di un nome, ma la gente. E a farne le spese sono sempre loro: gli operai e il loro “salato” salario dell’alienazione. E così la Vaber, azienda torinese operante nel settore chimico, è ribaltata agli onori della cronaca per la solita “inconsapevole” tragedia dell’incuria umana. Giuseppe Gerosi e Domenico Olpeni sono stati ricoverati, in gravi condizioni, al Cto di Torino e al Maria Vittoria. Un “potente getto di vapore li ha investiti durante un processo produttivo di alcune componenti sigillanti per auto”. Una tragedia che riaccende polemiche sulle misure di prevenzione in termini di sicurezza nelle fabbriche e che, proprio nel decennale di una storica tragedia, alimenta perplessità sul sistema legislativo e giudiziario italiano.

Thyssen Krupp –  A poche ore dalla sciagura della Vaber il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva speso parole di conforto nei confronti dei familiari delle vittime, dichiarando: “ Ogni morte sul lavoro è una perdita irreparabile per l’intera società. E dieci anni fa, nella notte del 5 dicembre 2007, sette operai morirono nell’incendio dell’acciaieria della Thyssen Krupp a Torino. Il lavoro- continua Mattarella – costituisce il cardine del patto di cittadinanza su cui si fonda la nostra Repubblica ed è un diritto del lavoratore e un dovere della società che vengano rispettate le norme sulla sicurezza. In questi dieci anni nella prevenzione degli incidenti e nel supporto agli infortunati sul lavoro sono stati fatti passi avanti, ma resta ancora molto da fare per far sì che la sicurezza venga considerata essa stessa un volano che contribuisce allo sviluppo”. Ma , a quanto pare, la tecnologia, se non supportata da una consapevolezza etica cosciente e responsabile rischia di esplodere in abominevoli retoriche, alibi moderni della società del “si poteva evitare”.

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