Isis sconfitto: Siria e castelli di rabbia
Isis sconfitto – Valeri Gherasimov, capo di Stato Maggiore russo, non ha dubbi: l’ISIS in Siria è stato sconfitto. A diffondere la notizia sulle principali testate nazionali è proprio il generale moscovita che dichiara: “Tutti i jihadisti dell’Isis in territorio siriano sono stati annientati e il territorio è stato liberato. Oggi non c’è nessuna parte della Siria controllata dall’Isis”. Parole che risuonano come l’ennesima, utopica, bufala mediatica ma che l’Ansa accredita come un sicuro bollettino di resa, anche attraverso le rassicuranti parole di Vladimir Putin, il quale precisa che la notizia gli è stata riferita dal ministro della Difesa di Mosca, Serghiei Shoigu. Una dichiarazione che il premier russo, tuttavia, si appresta a rettificare con la solita retorica precauzionale affermando: “certo, possono esserci ancora dei focolai di resistenza, ma in generale il lavoro militare in questa fase e in questo territorio è finito”.
C’è chi maligna su un alzabandiera nei confronti di un terrorismo islamico troppo ramificato da poter essere sedato in sporadici focolai dell’illusione. E la miccia si riaccende ponendo nuovi ed inquietanti interrogativi sul dramma del terrorismo e sulla sicurezza nazionale.
Isis sconfitto – La questione appare troppo complessa per essere liquidata attraverso una dichiarazione “emanata” come un verdetto finale di liberazione di armi, bagagli e coscienze in un territorio in cui la parola libertà risuona come una bomba ad orologeria programmata per minare all’incolumità di un vivere quotidiano che nulla ha da spartire con la vita. E il Pentagono si appresta a smentire Gherasimov e tutti i rappresentanti del Ministero della Difesa della federazione russa. Ad alimentare questo caos informativo si aggiungono, altresì, delicate questioni di stato. Le autorità russe hanno, inoltre, accusato Washington di “voler dislocare illegalmente basi militari in Siria per assicurarsi il controllo di una parte del Paese”. Di fronte a queste ostilità “intestine” anche le più rosee aspettative sulla spinosa questione siriana finiscono per crollare in inquietanti castelli di sabbia, di rabbia e costernazione.