Carmen Alessandrello: evocare atmosfere lontane con il solo strumento della voce

E se questa voce, avesse come dimora l’epicentro di una nuvola, quale forma prenderebbe la sua vibrazione? È questa la domanda che mi ponevo all’indomani dell’uscita dell’album “Al centro esatto di una nuvola” di Carmen Alessandrello. La risposta fu lampante e tempestiva: lì dove il volatile e l’impalpabile teatro di matrice aristofanea – le nuvole – diventano espressione, ora, di sentimenti concreti e terreni. Dall’esordio discografico, sono passati alcuni mesi, mesi che hanno visto Carmen Alessandrello protagonista di una tournée lungo tutta la penisola. Fra le pareti che hanno fatto la storia della musica italiana – gli studi di registrazione di Fonoprint a Bologna – è avvenuta la nostra conversazione.

 

È appena uscito – disponibile su tutte le piattaforme digitale e in rotazione radiofonica – “Totalmente dipendente”, il tuo nuovo singolo tratto dall’album “Al centro esatto di una nuvola”. Vuoi raccontarci di cosa parla?

È una canzone dal titolo un po’ provocatorio perché – appunto – parla di dipendenza: e questa parola, di per sé, non è mai associata a qualcosa di positivo. Mi sono sempre interrogata sul legame che questo concetto ha con l’amore: alla fine ci ritroviamo tutti – prima o poi – ad avere questa dipendenza da qualcuno, inevitabilmente. Mi piace pensare che siamo già dipendenti all’atto del concepimento: nel grembo, dipendiamo dal nutrimento di nostra madre, così come quando nasciamo lo siamo dalle cure dei nostri genitori. Dunque, non c’è nessuna negatività, è un atto naturale.

Ogni artista ha un rituale – scaramantico o di portafortuna – prima di salire sul palco. Il tuo qual è?

La scaramanzia non mi appartiene. L’unica cosa che ritualmente faccio è il discorso della respirazione. Quasi una meditazione di dieci secondi, una sorta di mantra in cui mi dico di tranquillizzarmi. In quel momento l’adrenalina è così forte e alta da mettere in dubbio ogni mia certezza e sicurezza.

Il vero attore, come ogni vero artista, ha una linea diretta con il cuore del pubblico, ha detto qualcuno. Qual è il tuo rapporto con il pubblico?

Non posso parlare di un mio pubblico vero e proprio poiché, essendo un’artista emergente, è ancora in fase di costruzione. Nel mio piccolo, posso affermare che ho avuto le mie grandi soddisfazioni quando ho visto gente cantare insieme a me. In particolar modo, ricordo con affetto, una signora durante un concerto a Capri: cantava “Solo un volo” parola per parola. Quando salgo sul palco provo a guardare – uno a uno – tutte le persone che riesco a vedere poiché essendoci i riflettori, ho una visibilità ridotta. Le guardo, perché quelle persone – che siano venute per caso o di proposito – sono lì per me. Dunque, è importante che si crei un rapporto visivo fra me e loro, una sorta di empatia. Si tratta di un legame momentaneo e unico, proprio perché irripetibile.

Sin da piccola hai amato artisti come Mina, Celentano e Mia Martini. Si può dire che le tue radici affondando nel panorama musicale italiano degli anni ’60, senza disdegnare artisti contemporanei come Adele, Madonna, Bruno Mars per la loro versatilità. C’è una canzone a cui sei particolarmente legata?

“I Will Always Love You” di Whitney Houston e non perché sia un must internazionale, ma perché è una canzone che mi lega molto a mio nipote e al mio fidanzato Alessio: sulla base di pensieri e situazioni vissute, a livello emotive ed empatico. Piango sempre quando l’ascolto. Poi, adoro in generale la musica italiana del passato perché trovo che, la nostra, sia una una lingua poetica e consente di dare un valore aggiunto alle nostre canzoni.

La violenza contro le donne è forse la più vergognosa violazione dei diritti umani, disse Kofi Annan.

Esatto. La violenza sulle donne, purtroppo, non è un argomento nuovo. E mi spiace che ancora oggi si protesti per questo, poiché vuol dire che qualcosa è andato storto: non sono bastate le lotte degli anni ’60 e non bastano a quanto pare i concerti per sensibilizzare. Occorre educare gli uomini all’amore e al rispetto, sin da bambini. Il mio suggerimento è: donne, non abbiate paura, ribellatevi e soprattutto non siate vittime del meccanismo contorto del senso di colpa. La colpa non è vostra.

Cosa vedi nel tuo futuro?

Da quando ho iniziato a credere in questo sogno mi è stato dato il via libera all’immaginazione: ovvero desiderare tutto ciò che voglio e io voglio cantare. Per questo motivo, ora, non riesco a vedermi né in altri posti né in altre vesti. La musica ha un potere grandissimo che è quello di comunicare: se le mie parole arrivano a più persone, allora il messaggio è stato compreso e le porte si apriranno, ancora e ancora.

Ventitré anni, siciliana: chi è Carmen Alessandrello e cosa ama.

Carmen Alessandrello è una ragazza che lei stessa si definisce già donna, non per presunzione ma semplicemente per una serie di pensieri che lei stessa fa e arriva a quella conclusione. Carmen reputa di essere fortunata perché nata ultima di quattro figli e ha avuto modo di attingere da tutto ciò che le piaceva dalle persone che più ama: la sua famiglia. Carmen è colei che perde le staffe senza capire più nulla. Ma è anche quella che dopo tre secondi piange perché qualcuno le dichiara il suo affetto. È sensibile e autoironica. Fondamentalmente innamorata dell’amore. Una sognatrice.

Qualcosa che non ti chiedono mai ma che vorresti ti chiedessero.

Posso offrirti io da bere?

 

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@_mchiara