Italia, l’ultima beffa di Ventura: ecco quanto gli sarà dovuto per la sua “impresa”
VENTURA, UN CONTO SALATISSIMO – Ci sono imprese destinate a restare nella storia sportiva di un paese. Ci sono personaggi che, nella buona o nella cattiva sorte, resteranno per sempre impressi nella memoria di ogni appassionato. Ventura è sicuramente uno di questi personaggi. Allenatore dal curriculum mediocre, con il punto più alto della carriera raggiunto allenando il Torino, prima del disastro azzurro. Dopo la notte da incubo dello spareggio per la qualificazione ai mondiali di calcio 2018 in Russia, contro la Svezia, tutti si aspettavano di vederlo davanti alle telecamere per assumersi le proprie responsabilità e dimettersi, come prima di lui avevano fatto tanti altri commissari tecnici. Ventura invece non si è presentato. Ha preferito defilarsi, fuggire, nascondersi dietro la scusa di dover salutare i propri giocatori. Giocatori che, stando a quanto emerso in queste ultime ore, su Ventura si scambiavano sms tutt’altro che entusiasti. L’uomo più odiato d’Italia, nonostante fosse il primo responsabile di un evento al quale l’Italia non assisteva dal 1958, non solo non ha avuto il coraggio di fare un passo indietro, ma ha preteso anche tutti i soldi che gli sarebbero spettati da contratto.
UNA QUESTIONE DI VIL DENARO – Alla base di tutto infatti c’è il ricchissimo contratto stipulato dallo stesso Ventura con la FIGC. Nonostante ci fosse una clausola per il prolungamento legata alla qualificazione, restavano in ballo la bellezza di 866.000 euro. Soldi che a una persona che ha allenato tra serie A e B negli ultimi 20 anni della propria vita, probabilmente non servono per arrivare a fine mese. Spicci, se paragonati all’enorme danno causato all’economia italiana dalla mancata qualificazione (si parla di 100 milioni di euro). Ventura, per assumersi le proprie responsabilità, ha voluto fino all’ultimo centesimo, ha preteso il suo compenso per aver raggiunto il punto più basso nella storia calcistica del nostro paese. Nessuna dignità, nessun passo indietro volontario, testimonianza di uomo ancora convinto, nella sua cocciutaggine, di aver fatto quanto possibile per ottenere il risultato. L’ennesimo esempio di come nel Bel Paese arroganza e presunzione di dirigenti in età pensionabile, sempre pronti a mangiare quel poco che resta e che alle nuove generazioni è precluso, non solo fanno il danno, ma riescono sempre ad aggiungerci la beffa. Tavecchio, l’altro responsabile di questa storia, resta ancorato alla sua poltrona con i denti e con le unghie. Parla di grandi allenatori e di progetti luccicanti, ma se la nave è affondata e al comando c’era Ventura, lui dovrà essere ricordato come l’ammiraglio di questa storica disfatta. Il punto più basso della storia della nazionale italiana è stato toccato, ora, a quanto pare, si inizia a scavare.
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