Addio agli “Elio e le Storie Tese”, la storica band annuncia il ritiro
ELIO E LE STORIE TESE, LA FINE DI UN’EPOCA – Questa volta sembra tutto vero e non la solita burla di un gruppo abituato a vivere costantemente sull’orlo dello scherzo. In un’intervista alla trasmissione “Le Iene”, Elio, Cesareo e Faso, le tre “menti” dietro al successo degli Elio e le Storie Tese, hanno dichiarato che quello che si svolgerà a Milano il 19 dicembre prossimo, sarà l’ultimo concerto di una gloriosa carriera trentennale. “È importante capire quando dire basta e passare a qualcos’altro, ci vuole l’intelligenza di capire di essere fuori dal tempo; youtuber, rapper, influencer, queste sono le persone che parlano ai giovani oggi. Siamo gente che suona bene dal vivo in un mondo di giovani che vogliono solo youtuber, blogger, follower. Ma, soprattutto, non vogliamo finire come i Ramones. Al loro ultimo concerto provai una tristezza infinita. Non erano più loro e non voglio arrivare a quel punto”. Sono state queste le parole con cui Elio ha cercato di sdrammatizzare sulla loro scelta di ritirarsi dalle scene.
TRENT’ANNI SULLA CRESTA DELL’ONDA – Gli Elio e le Storie Tese vengono fondati ufficialmente nel 1979, e nella loro carriera hanno pubblicato 10 album, l’ultimo dei quali uscito nel 2016. La loro popolarità è andata sempre in crescendo, ma la celebrità definitiva arriva con la partecipazione alla trasmissione “Mai dire gol” negli anni ’90. Nel 1996 scrivono una delle pagine più incredibili e ridicole della televisione italiana, partecipando al Festival canoro di Sanremo con il controverso brano “La terra dei cachi”, brano satirico sul malcostume italiano, scombinando ogni pronostico e piazzandosi secondi. Nonostante il secondo posto finale, numerose voci di corridoio sostengono che fossero stati effettivamente loro a vincere quell’edizione e che fu lo stesso Pippo Baudo a non convalidarne i voti e il trionfo. I loro successi più famosi restano pezzi come: “cara ti amo“, “il pippero“, “servi della gleba“, “la terra dei cachi“. Canzoni irriverenti, con testi demenziali e surreali accompagnati da una musicalità tutt’altro che improvvisata. Con loro se ne va un pezzo d’infanzia di una generazione e non sembra eccessivo sostenere che finisce una vera e propria epoca.
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