Bestie di scena, la carica esplosiva di Emma Dante torna al Teatro Argentina

Uno spettacolo senza dialoghi, senza costumi, senza una trama o una storia da raccontare, ma solo corpi nudi privati di ogni erotismo che camminano, corrono, si inseguono, cadono e si rialzano, a cui è affidato l’arduo compito di esprimere il pensiero e la condizione umana. Emma Dante torna al Teatro Argentina con il suo ultimo lavoro Bestie di scena, ritratto di un’umanità in fuga senza via d’uscita, in replica fino al prossimo 22 ottobre.

Bestie di scenaL’attenzione all’uso del corpo dell’attore in scena è un elemento fondamentale nel teatro della regista palermitana, un esercizio che prevede la necessità della perdita totale della vergogna e l’affrancamento da qualsiasi giudizio e retroterra culturale da parte dell’interprete, fattori che lo limiterebbero nella sua espressione artistica. Bestie di scena sembra voler raccontare proprio il lavoro dell’attore, la sua fatica e il suo abbandono totale che attraverso la perdita di tutto (della parola e del costume dietro cui mascherarsi) traccia il viaggio dell’individuo alla ricerca di se stesso. Tutto ha inizio mentre il pubblico sta ancora prendendo posto in sala: sul palco quattordici attori eseguono un vero e proprio training ginnico, una sorta di allenamento ritmico ed estenuante che li lascia sudati e senza fiato, fino a che gradualmente si spogliano dei loro indumenti fradici e consegnano agli spettatori i loro corpi nudi, inizialmente mostrati con pudore coprendosi occhi e genitali, ma poi esibiti senza più senso di peccato o vergogna. Dalle quinte buie arrivano sul palco oggetti che impauriscono, confondono, mettono alla prova i quattordici corpi e li tengono impegnati. Prima l’acqua con cui bagnano il palcoscenico e poi gli stracci per asciugarlo, quando noccioline che ingurgitano e sputano come essere primitivi e poi le scope per pulire, fino ad una pioggia di indumenti che loro, disubbidiendo all’ennesimo obbligo imposto da questo luogo esterno e indefinito, non indosseranno mai.

In Bestie di scena non ci sono né ruoli né scenografie, ma solo un susseguirsi di coreografie e gesti ripetitivi, quasi ossessivi, che muovendosi in un girone infernale sembrano raccontare la storia dell’umanità: fragili e spaesati Adamo ed Eva lanciati nel mondo, individui che si illudono di vivere e divertirsi e poi la regressione a esseri primitivi che si nutrono, litigano e si muovono come bestie. Non siamo che un corpo, una massa e sostanza il cui linguaggio è talmente potente ed espressivo da riuscire a sostituire anche la parola, il pensiero. Non c’è nulla di erotico, esibizionistico o provocatorio, ma solo corpi di sette donne e sette uomini che hanno bisogno di esporre allo sguardo la propria condizione di esseri umani, di scardinare le logiche della finzione e denudare il teatro di ogni orpello fino a ridurlo alla sua essenza: corpi che si muovono su un palcoscenico davanti a degli spettatori che ne osservano attenti il millenario rituale.

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@vale_gallinari