Italia under 21: la svolta di Di Biagio
Il biglietto da visita parlava chiaro. L’Italia Under 21 si presentava agli Europei in Polonia con questi numeri: primato nel girone di qualificazione con 7 vittorie, 3 pareggi e 0 sconfitte; 17 gol fatti e 2 subiti, differenza reti impressionate; solidità difensiva e talento in fase offensiva. Un equilibrio, quello creato da Di Biagio, quasi perfetto. Difatti, tutti riponevano in questa Italia Under 21, a ragion veduta, aspettative molto alte, tanto da considerare i nostri azzurrini sia tra i principali favoriti del torneo, insieme a Germania e Spagna, sia una delle rose Under 21 più forti che il nostro paese abbia mai avuto. A confermare questa seconda supposizione un dato statistico molto interessante: per la prima volta gli undici della formazione tipo giocano in Serie A con almeno una stagione intera alle spalle, 10 dei quali da titolari (l’unica eccezione Rugani). Eppure prima di ieri sera l’avventura europea dei ragazzi di Di Biagio poteva essere definita un mezzo, se non totale, disastro. Cosa è cambiato, dunque, nella formazione azzurra tanto da ribaltare, o quasi, i giudizi, dopo ieri sera?
I PROBLEMI
I numeri non sono tutto, ma per cominciare un’analisi sono molto indicativi. Innanzitutto quello che salta all’occhio è l’assenza di un attaccante di peso, uno, per essere chiari, che la butti dentro, che abbia un senso del gol innato e quasi ossessivo. E questa Italia Under 21 non ne ha. La conferma ci arriva da un dato alquanto allarmante: il più prolifico degli azzurrini risulta capitan Benassi, che attaccante non è, con 6 reti all’attivo, seguito dai due esterni d’attacco Berardi e Bernardeschi e un altro centrocampista, Pellegrini, con 4 reti ciascuno. Per alcuni questa statistica ha un lato positivo poiché si pensa che la squadra giochi così bene da mandare a segno diversi calciatori senza che nessuno primeggi. In questo modo la manovra risulta più imprevedibile per la varietà di soluzioni evitando che un solo uomo, l’attaccante di peso, catalizzi tutta la fase offensiva. Ma questo stile di gioco ha anche un lato negativo: se la squadra non gira a mille va in difficoltà e i problemi vengono a galla. Una cosa che è avvenuta prima con la Danimarca, in maniera più lieve, e poi con la Repubblica Ceca, in maniera lampante.
La causa scatenante probabilmente ha diverse motivazioni. Gli azzurrini sono arrivati a questo appuntamento troppo consapevoli dei loro mezzi tanto da sconfinare in una presunzione tecnica e fisica che, abbinata alla pressione data dalle aspettative molto alte, ha ingigantito mancanze e punti deboli. In particolare ha sofferto il centrocampo a 3, i cui effetti si sono manifestati in maniera più palese sia nella fase difensiva che nella finalizzazione. Vedere la difficoltà a sbloccare il match contro la Danimarca e vedere gli enormi buchi difensivi contro la Repubblica Ceca. Con quest’ultima, in particolare, è mancata, più di ogni altra cosa, la tenuta mentale con la consequenziale perdita di sicurezza nei propri mezzi. E Di Biagio ne ha le responsabilità maggiori. Innanzitutto per non aver dato fiducia al centrocampo cambiando due uomini su tre, troppi per una competizione così breve, e alla difesa cambiandone metà, a cui si aggiunge il mancato cambio che tutti si aspettavano: Chiesa titolare, uno dei migliori nella prima gara, al posto di Petagna, andando a giocare con il tridente cosiddetto leggero.
LA SVOLTA
Ora, elencate le difficoltà incontrate dagli azzurrini, quale cura ha scelto Di Biagio? Come abbiamo detto, probabilmente, una soluzione poteva essere mettere in campo il cosiddetto centravanti che la butta dentro, ma se c’è una lacuna in questa rosa è proprio questa. Petagna ha altre caratteristiche, più che altro gioca di sponda e lavora per far arrivare al tiro gli esterni o le mezze ali: più assist man che goleador. Cerri, nonostante la stazza, a questi livelli incontra difficoltà e la sua incisività sotto porta non è sufficiente per poter reggere le responsabilità di quel ruolo. Dunque rimaneva soltanto un’altra soluzione: estremizzare quello stile di gioco imprevedibile, aumentando il tasso tecnico in zona offensiva. Il tridente leggero senza punti di riferimento con Berardi, Bernardeschi e Chiesa. Una mossa, che è risultata vincente, grazie ad altre due condizioni: 1) il ritorno del centrocampo e della difesa titolari con l’inserimento di Gagliardini, davanti alla difesa, Benassi come mezz’ala, Caldara, tornato dal’infortunio a fianco di Rugani, e Barreca sull’out di sinistra; 2) gli stimoli giusti scaturiti dalla situazione disperata che hanno ridato l’adeguata fiducia e aggressività alla formazione azzurra.
Dunque, ci sono volute le spalle al muro perché gli azzurrini si destassero dal sonno giocando al pari delle aspettative e Di Biagio la ripresa all’ultimo con l’aiuto della sorte (la Danimarca che batte la Repubblica Ceca). Ora, tolta quella paura iniziale mista a presunzione, dovrebbe consegnarci la vera natura dell’Italia under 21. Basterà questa ricetta per martedì contro la Spagna?
Twitter: @Francesco Nespoli