La legge Ius soli nel resto del mondo
In Italia la legge Ius soli, in discussione in questi giorni al Senato, ha sollevato un caso politico andato ben oltre le mura di Palazzo Madama. Al momento, la normativa in vigore sul diritto alla cittadinanza in Italia prevede che un bambino sia italiano solo se lo è almeno uno dei due genitori – il cosiddetto Ius Sanguinis. Il nuovo ddl invece, attribuirebbe la cittadinanza ai figli di stranieri abbreviando i tempi e semplificando le condizioni di accesso. Oggi, chi nasce sul territorio italiano da una famiglia straniera, può richiedere la cittadinanza solo al compimento dei 18 anni, a patto che abbia risieduto in Italia «legalmente e ininterrottamente». La nuova legge Ius Soli, se approvata, concederebbe la cittadinanza a chiunque nasca sul territorio italiano da un genitore residente legalmente nel paese da almeno 5 anni (il cosiddetto Ius Soli “temperato”) o in alternativa, ai minori che abbiano frequentato almeno 5 anni di studi in Italia e superato un ciclo scolastico (Ius Soli “Culturae”).
Si andrebbero così a colmare le carenze dello Ius Sanguinis, che al momento esclude per anni i minori di famiglie straniere da moltissimi benefici. E nel resto del mondo invece? In Europa, lo Ius soli “puro” non è previsto in nessuno stato dell’Unione Europea. Come si vede dalla seguente cartina, solo i paesi del Nord e Sud America garantiscono il diritto di cittadinanza incondizionato alla nascita.
In Francia, chi nasce da genitori stranieri può ottenere la cittadinanza purché sia vissuto stabilmente nel paese per almeno 5 anni (in Italia la permanenza deve essere di almeno 10 anni, con un’interruzione massima di 6 mesi e la richiesta non può essere fatta prima dei 18 anni). Condizioni simili esistono in Gran Bretagna, dove un bambino che nasce su territorio britannico anche da un solo genitore già in possesso della cittadinanza britannica è automaticamente cittadino del Regno Unito. La cittadinanza si acquisisce anche in seguito a tre anni di matrimonio con un cittadino britannico. La Germania, invece, è il paese che al momento garantisce più diritti, seppur con delle limitazioni: possono diventare cittadini tedeschi tutti i bambini che abbiano almeno un genitore con permesso di soggiorno permanente da 3 anni e residente nel paese da 8.
Nel resto del mondo, invece, lo Ius soli puro vige solamente nei paesi nord e sudamericani (ad eccezione della Colombia), in Tanzania e in Pakistan. Negli Stati Uniti, ad eccezione dei figli di diplomatici stranieri, l’accesso alla cittadinanza è sancito dalla Costituzione in virtù di due diritti fondamentali: responsabilità individuale e uguaglianza per tutti. Secondo questi principi, ognuno è responsabile per le proprie azioni, e un bambino non può essere spogliato dei suoi diritti per motivi imputabili ai suoi genitori. Allo stesso modo, chi nasce e cresce negli Usa, non può essere «rispedito a casa», in quando la sua casa, dopo una generazione passata sul territorio statunitense, sono di diritto gli Stati Uniti d’America. L’idea alla base di questa normativa evita così la creazione di una “sotto-classe” sociale, permettendo a tutti di avere uguali benefici. In Italia, la riforma sullo Ius soli si discute da circa 13 anni. Se approvata, le due nuove modalità per acquisire la cittadinanza interesseranno 800mila minori. Dopo le recenti bagarre in Senato, però, il disegno di legge rischia, ancora una volta, di non avere vita facile.
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