Trattativa sulla Brexit, le linee guida dell’UE respinte da May
È arrivata tempestiva e netta la risposta di Theresa May alle linee guida per la trattiva sulla Brexit decise dai 27 leader europei a Bruxelles opponendo un secco rifiuto alle principali richieste avanzate. Londra fa sapere che non intende rinunciare alle sue priorità: libero mercato senza dazi, fine della giurisdizione delle Corti europee, fine della libera circolazione dei migranti. Nel corso dell’incontro dei 27 (May non è stata invitata) è emersa la necessità di tutelare i diritti dei cittadini UE residenti nel Regno Unito e viceversa. Il percorso di uscita del Regno Unito procederà a fasi: il primo obiettivo è di trovare un accordo proprio riguardo i cittadini; seguiranno la questione del rispetto degli impegni finanziari della GB verso l’Unione e la questione della frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord. Nel corso del vertice, durato appena mezz’ora, il presidente francese uscente François Hollande ha precisato che Londra «non potrà stare in una posizione più favorevole fuori rispetto a quando era dentro». I veri negoziati, però, potranno iniziare solo dopo l’8 giugno; ovvero dopo le elezioni politiche volute da May.
Il processo di uscita prevedrà un periodo di transizione di due anni: il Regno Unito non lascerà l’Unione Europea fino a marzo 2019. Fase che potrebbe estendersi fino al 2022, data fino a cui si auspica di mantenere la libera circolazione di beni e persone. C’è un però. Se nei prossimi due anni la trattativa sulla Brexit andrà incontro alla rottura dei negoziati esiste il rischio di una separazione traumatica piena di incognite sul futuro. Il rifiuto opposto oggi dalla May non sembra incoraggiante in questo senso. Ma cosa succederà dopo l’8 giugno? A seguito di questa data inizieranno i negoziati ufficiali tra Londra e Bruxelles; la bozza di divorzio tra le due parti dovrà poi essere approvata da almeno 20 paesi europei che contino complessivamente il 65% della popolazione totale dall’UE. Il piano verrà ratificato dal Parlamento europeo e, in caso al termine dei due anni tutti i 27 paesi si trovino d’accordo, i negoziati potranno essere prorogati fino alla definitiva uscita del Regno Unito dall’Unione.
Questo lo scenario ideale di un abbandono senza “intoppi”. La realtà è ben più complicata, a partire dalle ultime dichiarazioni di Theresa May in risposta al piano dei 27: «Meglio nessun accordo che uno cattivo. Pronti a scontro duro con Ue», senza mancare di voltare la situazione a suo favore: «È importante che intorno al tavolo si sieda un forte premier del Regno Unito, con un forte mandato da parte del popolo, un fatto che rafforzerà la nostra posizione negoziale per garantire che otterremo il migliore accordo possibile». Se May sta facendo la voce grossa solamente in virtù delle elezioni sarà un aspetto cruciale nelle trattative sulla Brexit che sarà svelato solamente dopo l’appuntamento elettorale. Intanto, il testo definitivo contenente le linee guida è previsto sia approvato il prossimo 22 maggio. Stando così le cose, nessuna delle due parti sembra farsi troppe illusioni circa un divorzio amichevole.
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Twitter autore: @JoelleVanDyne_