Banca dati DNA per la polizia: un nuovo inizio per le indagini

Una banca dati DNA per la polizia che aiuterà a risolvere cold case. Il progetto fu istituito con una legge del giugno 2009 ma operativo solo da gennaio 2017. Il data base sarà utile anche per omicidi, ricerca di persone scomparse, ‘cold case’ e lotta al terrorismo. “A fine gennaio – aveva annunciato Egidio Lumaca, Primo dirigente tecnico della Polizia scientifica – abbiamo immesso il primo profilo. Si tratta di una banca dati con finalità giudiziarie, l’inserimento di ogni informazione genetica deve essere autorizzato dall’Autorità Giudiziaria”. L’obiettivo è raggiungere i risultati di chi ha già messo in azione questo sistema: nel Regno Unito il 62% dei dati inseriti ha restituito un match tra le tracce sul luogo di un crimine e il possibile autore.

Il Dna si estrae da tamponi salivari. Dal 2016 sono stati più di 30.000 quelli raccolti tra detenuti e chi ha commesso reati. Ad ogni profilo genetico viene associato un codice alfanumerico, dunque, se due profili combaciano sul sistema non compare un nominativo, ma quei codici che garantiscono la privacy.

La polizia penitenziaria raccoglie i tamponi salivari dei detenuti; la polizia, i carabinieri e la guardia di finanza raccolgono quelli di chi è ai domiciliari, escludendo i reati meno gravi per i quali non è previsto il prelievo. La Polizia Scientifica o il Ris analizzano invece i profili genetici sconosciuti estratti dalle ‘prove’ del crimine, cioè dal materiale biologico rilasciato sulla scena.

Il profilo del Dna di ciascun individuo ha caratteristiche uniche (con la sola eccezione dei gemelli omozigoti) ed è dunque una prova incontestabile. Tanti più identità genetiche verranno inserite, maggiore sarà la possibilità di trovare corrispondenze (non automaticamente risolvere un caso). Una banca dati DNA per la polizia potrà essere una base certa per la ricerca di un colpevole.

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