Presidenziali in Francia: prima del voto la paura
Presidenziali in Francia: una sparatoria nel cuore di Parigi, agli Champs Elysées, proprio mentre sulla rete televisiva France 2 va in onda il dibattito in vista delle imminenti elezioni Presidenziali.
Una cupa istantanea, quella scattata ieri sera su Parigi e sulla Francia già lacerata da un momento storico nazionale denso di dubbi e angosce senza precedenti. Il terrorismo pesa come una “ghigliottina” di Damocle di cui si ha sempre paura e che torna, quasi periodicamente, ad esasperare gli animi e i nervi. A soli due giorni dal voto di Domenica 23 Aprile Parigi torna a fare i conti con una ferita che in questi anni non ha smesso di sanguinare e che ha posto tutti i francesi di fronte a una situazione – come quella del reiterato stato di emergenza – estremamente delicata.
Una paura tangibile che potrebbe avere il suo peso nel voto di domenica, il più incerto della storia recente. A rendere palpabile questa incertezza sono gli 11 candidati che si sono scontrati negli studi televisivi di France 2, quattro dei quali dati dai sondaggi su percentuali tra il 19% e il 23% (Mélenchon, Fillon, Le Pen, Macron).
Gli undici candidati che corrono per le Presidenziali in Francia – Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise), Nathalie Arthaud (Lutte ouvrière), Marine Le Pen (Fronte nazionale), François Asselineau (Unione popolare repubblicana, sovranista, destra), Benoît Hamon (Ps), Nicolas Dupont-Aignan (Debout la France, destra), Philippe Poutou (Nouvo partito anticapitalista), Emmanuel Macron (En Marche! centro), Jacques Cheminade (Solidarietà e progresso, vicino al complottista Lyndon LaRouche), Jean Lassalle (ex centrista, che si presenta come rappresentante dei “territori”), François Fillon (Républicain) – dipingono una Francia molto diversa. Alcuni scommettono con coraggio e ottimismo su un futuro tutto da costruire (in particolare Macron, Hamon e Mélenchon sebbene con contenuti assai differenti tra loro); altri tratteggiano un quadro molto cupo, sofferente, a tratti luttuoso: Fillon e Le Pen sembrano maestri in queste pennellate a tinte fosche.
Al di là della paura e dell’incertezza, le prossime Presidenziali in Francia segneranno un passaggio storico evidente, reso torbido dal dramma dell’astensione (primo partito anche in Francia) e da quello voto utile. Un primo turno sul cui esito nessuno si sbilancia, ma che ogni candidato (almeno quelli in testa) sente pesare terribilmente sulle spalle. Tra questi Mélenchon è quello con il carico più pesante, unico tra i quattro favoriti ad alzare uno stendardo di sinistra.
L’ipotesi di un secondo turno destra contro destra spaventa molti, e se da un lato fa la fortuna del centrista Macron, dall’altro sancisce il fatto che nessuno dei vincitori potrà tenere salde le mani sul trono della Repubblica. Uno scranno sul quale, altro fatto epocale, potrebbe non sedere un rappresentante dei partiti tradizionali (i Repubblicani e il PS), che anzi, potrebbe non arrivare nemmeno al secondo turno.
Un’incertezza alle urne che manifesta un terribile mal di stomaco nei confronti dell’Europa. Unica guardia bianca dell’unione il centrista Macron ha già ricevuto endorsment importanti, che però potrebbero non bastare a contenere in un eventuale ballottaggio la bestia nera Le Pen o lo spettro rosso Mélenchon – sebbene quest’ultimo stia facendo di tutto per non dare sbiadire un po’ il rosso delle sue bandiere, che peraltro ha chiesto di non portare ai comizi in luogo del tricolore.
Una responsabilità in più per il leader di France Insoumise, quella di incarnare un euroscetticismo sano che lungi dal far propri i rigurgiti della destra rivendica con chiarezza la necessità di ridiscutere i meccanismi perversi dell’Unione che in troppi casi sono stati complici della situazione di miseria politica e sociale nella quale siamo intrappolati. Uno spauracchio che fa tremare i tecnocrati sparsi per l’Europa mettendo al primo posto la rinegoziazione dei trattati, e in seconda battuta l’ipotesi dell’Armageddon con l’eventuale uscita della Francia dell’euro e forse dall’Unione Europea.